GIOBBE TUAMA & C. La terza indagine del commissario De Vincenzi  Augusto De Angelis

GIOBBE TUAMA & C. La terza indagine del commissario De Vincenzi, di  Augusto De Angelis (Mondadori)

“De Vincenzi di solito non si curava degli indizi materiali e non ne teneva conto che nei casi comuni, nei fattacci di cronaca nera…per i casi complessi ,egli teneva soprattutto conto degli indizi psicologici , dei caratteri morali del delitto. Suo assioma era :il delitto è una derivazione della personalità. E si affidava soprattutto all’onda psichica.

Poi entrava in gioco l’ ambiente. L’influenza di esso sull’assassino e sulle azioni di lui. Così, per prima cosa , De Vincenzi cercava di assorbire l’ ambiente…questa volta aveva compreso subito che l’impresa era ardua, il delitto appariva maledettamente misterioso…”

Oggi che finalmente il poliziesco italiano gode della meritata considerazione non solo in patria, si stanno riscoprendo anche i pionieri del genere nella lingua del si, come Augusto De Angelis. Nome che forse non è conosciuto come quello del suo personaggio più famoso , il commissario Carlo De Vincenzi, che fu protagonista di una quindicina di romanzi scritti negli anni 1935/1943. Anni particolarmente difficili per la letteratura poliziesca che non era amata dal regime fascista nonostante nel 1929 esordisse la prima collana dedicata esclusivamente al genere, gli intramontabili’ Gialli’ della Mondadori talmente diffusi e popolari da essere diventati sinonimo del genere.

De Angelis nonostante il carattere abbastanza schivo e riservato fu un uomo coraggioso non solo in letteratura perché dedicò quasi tutte le energie al genere più osteggiato ma anche perché il suo’ eroe’ aveva caratteristiche che poco si sposavano con i desideri del regime e quindi anche se si adeguò alla direttiva che i ‘ cattivi’ erano quasi sempre stranieri ambientò tutte le sue vicende in Italia , a Milano principalmente con qualche sortita a Roma, e il suo poliziotto fra le altre qualità conosceva la lingua inglese ed era amante dei libri. De Angelis fu coraggioso anche politicamente perché se convisse barcamenandosi finché il regime fu in sella , alla caduta del 25 luglio si espose con molti articoli sulla ‘Gazzetta del Popolo’ in cui diversamente da altri antifascisti più prudenti non fece più mistero dell’avversione per il regime e per questo quando dopo l’8 settembre fu instaurata la Repubblica di Salò fu arrestato e detenuto alcuni mesi (viveva in Lombardia) e quando fu rilasciato già provato nel fisico fu aggredito per futili motivi da un fanatico repubblichino che lo picchiò così selvaggiamente che dopo alcuni giorni di ospedale perì per le gravissime ferite. Questo ‘Giobbe Tuama’ è la terza indagine con il commissario protagonista, il primo che mi è capitato di leggere ma sicuramente ne leggerò altri oggi ampiamente ristampati da Sellerio e Mondadori ( da ricordare che il primo a ‘riscoprirlo’ a metà degli anni Sessanta fu quel fine lettore e scrittore di nome Oreste del Buono a cui tanto dobbiamo noi lettori di oggi).

La storia è intrigante, Giobbe Tuama (il cui vero nome presto si scoprirà era Jeremiah Shanahan, americano di origine irlandese) fanatico protestante viene assassinato e si scoprirà era anche un usuraio con trascorsi avventurosi in Sudafrica e con detenzione nel celebre penitenziario americano di Sing Sing, una miriade di altri personaggi di cui un po’alla volta si scopriranno relazioni di parentela anche strettissime e in questo si sente l’influenza del romanzo d’ appendice che De Angelis maneggiava con buona disinvoltura. L’ interesse principale del romanzo però è il commissario De Vincenzi, protagonista davvero riuscito che si rifà molto di più al Commissario Maigret’ pesatore di anime’ che agli investigatori tutto intelletto e indizi tipo Poirot o Philo Vance, il suo interesse per l’ ambiente e la psicologia in cui maturavano i delitti sono davvero una novità per il poliziesco italiano che muoveva i primi passi, fra le altre letture non è gli è sconosciuto il nome di Freud. De Vincenzi era scrittore che ricercava anche un suo stile di scrittura, interessante anche per vedere l’ evoluzione della nostra lingua, si intuisce già da questo unico romanzo che per lui il poliziesco non era letteratura di consumo ma credeva nelle storie che raccontava e soprattutto nel suo commissario.

Molto importante anche il contributo della televisione nella ‘ riscoperta’ del personaggio con due serie di sceneggiati televisivi anni Settanta con un Paolo Stoppa scelta molto indovinata per interpretare De Vincenzi e uno stuolo di ottimi attori e comprimari di formazione teatrale come anche il regista e i tecnici. Concludendo è una lettura che consiglio a chi è appassionato del genere poliziesco ( stile Simenon in particolare) e chi voglia leggere un romanzo scritto in piena era fascista privo di qualsiasi retorica ed anzi rivelatore degli umori più segreti di quella Italia oggi per fortuna lontana.

Recensione di Andrea Pinto

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