GLI ARCHITETTI DI AUSCHWITZ, di Karen Bartlett
“Gli architetti di Auschwitz” (Newton Compton 2018) non è un romanzo ma un vero e proprio libro storico. In esso ci vengono raccontate le vere vicissitudini della famiglia che progettò l’orrore dei campi di concentramento nazisti, scritte dalla giornalista londinese Karen Bartlet dopo accuratissime ricerche sull’azienda tedesca “Topf e figli”, tristemente nota per aver progettato i forni crematori usati nei vari campi di concentramento (soprattutto Auschwitz) e perfezionato i sistemi di areazione delle camere a gas.
Sono diversi gli Archivi storici pubblici a cui l’autrice ha attinto le maggiori fonti per la stesura del libro, ma è stato un Archivio Privato, quello della fabbrica “Topf e figli” a darle le risposte più illuminanti. Il figlio di uno dei proprietari, Hartmud Topf, che all’epoca dei fatti era un bambino, resosi conto dell’enorme responsabilità avuta nello sterminio da parte della fabbrica di famiglia, ha contribuito a “raccontare la storia orribile della loro infamia” dando il suo contributo e dichiarando che “pur avendo ereditato il loro nome”, “fortunatamente” non aveva ereditato l’azienda.
Fondata nel 1878 dal Mastro birraio Johann Andreas Topf, la “Topf e figli” nasce come azienda produttrice di macchinari per la realizzazione della birra e la lavorazione del malto ed è solo nel 1914 che inizia a produrre forni crematori dato che viene avviata una campagna di sensibilizzazione per la cremazione (promossa per mancanza di spazio per le sepolture, visto l’aumento della popolazione), con norme igieniche e regole ben precise che la fabbrica, nei suoi manufatti, ha sempre rispettato.
Con questo espediente la fabbrica diventa una leader nel settore. Ma è solo nel 1933 che i due fratelli Ludwig e Ernst Topf, che l’hanno ereditata, per salvaguardarne le sorti e aumentare il fatturato, si iscrivono al Partito Nazista senza averne mai manifestato il credo, ma soltanto per opportunismo.
Da quel momento, la fabbrica collabora strettamente con le SS e i loro capi e pur conoscendo gli usi disumani dei loro prodotti, grazie alla collaborazione di ingegneri e operai, comincia a costruire forni crematori sempre più capienti secondo le esigenze dei campi di concentramento, arrivando persino alle più raffinate progettazioni di camere a gas per un più veloce smaltimento delle vittime dell’Olocausto e offrendo manutenzione e sostegno in loco.
Dopo la guerra Ludwig si suicidò. Ernst e l’ingegnere capo Kurt Prufer, dovranno affrontare dei processi e motivare le loro azioni. I due non si attribuiranno nessuna colpa morale ma dichiareranno solo di essersi trattato di un mero accordo commerciale che se non fosse stato accettato sarebbe stato realizzato dalla concorrenza e si attribuiranno anche il merito di aver cercato di aiutare Hitler e la Germania a vincere (la fabbrica produsse anche armamenti bellici di vario tipo).
Un libro oggettivo e molto obbiettivo, abbastanza impegnativo anche se scritto scorrevolmente e corredato di molti documenti, lettere, testimonianze importanti, una chiara esposizione dei fatti avvenuti il cui giudizio viene interamente lasciato a chi legge e alla Storia, purtroppo nella certezza che queste fabbriche di morte, anche oggi, non solo continuano ad esistere ma a prosperare sempre di più con le nuove conoscenze tecnologiche volte alla sofferenza e all’annientamento di ogni umanità.
Recensione di Maristella Copula
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