GLI SCALI DEL LEVANTE, di Amin Maalouf
Questo è un romanzo storico uscito nel 1996 ma in questi ultimi giorni La Nave di Teseo l’ha ripubblicato. Ed è un’ottima occasione per leggere un libro davvero molto bello e attuale.
L’autore parte dalla riflessione di quando negli Scali del Levante si viveva tutti insieme pur appartenendo a lingue ed etnie diverse. Potrà ritornare quel tempo? O è solo un sogno utopico?
Lo scrittore raccoglie la storia dell’ultimo discendente della dinastia imperiale ottomana, una storia d’amore e guerra. Una storia che parte dalla caduta dell’impero ottomano alla nascita dello Stato d’Israele e alla guerra civile in Libano.
Il protagonista è Ossyan, principe ottomano, nato e cresciuto in una famiglia colta ed aperta, il cui padre sogna per lui un impegno di rivoluzionario. Per motivi familiari e di studio Ossyan si reca in Francia e si trova a partecipare alla lotta per liberare la Francia dai nazisti diventando un eroe per caso della resistenza francese. Qui incontra Clara ebrea, e lui, musulmano si innamora perdutamente, e da lei sarà ricambiato. Si perdono, si rincontrano, si sposano.
Inizia così la loro vita, una vita d’amore e di dolore. E a questa storia partecipano gli altri protagonisti della famiglia di Ossyan, il padre, il fratello, la sorella, i cari amici.
Ossyan non la vorrebbe la guerra, non vorrebbe l’odio tra gli uomini, vorrebbe una terra, pur di etnie diverse, pacifica e unica: un sogno, forse.
La scrittura di Maalouf ci prende per mano e ci fa attraversare un medio oriente in lotta tra i potenti della storia. È una narrazione che procede a ritroso, parte da Parigi dove lo scrittore incontra Ossyan il quale, pur con fatica e dolore, gli racconta la sua complicata vita di lotta perenne, in un mondo in cui arabi ed ebrei si ammazzano tra loro. Una vita da studente di medicina, poi da rivoluzionario e da uomo innamorato e infine da uomo che non smetterà mai di lottare.
Un romanzo su cui riflettere in una società dove la paura per il “diverso” non sembra trovare alcuna soluzione.
Recensione di Lucia Ferrante
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