GLI UOMINI CON IL TRIANGOLO ROSA, di Heinz Heger (Sonda Edizioni)
La persecuzione all’interno della persecuzione.
Orrore nell’orrore.
“L’omocausto”.
Quello che hanno dovuto subire gli omosessuali nei lager nazisti è qualcosa di spaventoso, indicibile.
Ma Heinz Heger (vero nome Hans Neuman) ce l’ha voluto dire, sotto pseudonimo ovviamente, perché nel 1972 (data della prima pubblicazione di questo libro), l’omosessualità in Germania era ancora considerata un reato.
Ci ha raccontato la storia del suo compagno, Josef Kohout, viennese di famiglia cattolica benestante, arrestato nel 1939 per presunta relazione omosessuale, e della sua deportazione, dopo 6 mesi di carcere, prima al campo di concentramento di Sachsenhausen, poi a quello di Flossenbürg, dove rimase fino al 1945.
Sei anni di umiliazioni, pestaggi, stenti, torture fisiche e morali…che l’autore ci descrive con crudezza e lucida dovizia di particolari, affinché sia chiaro che loro, gli uomini contrassegnati dal triangolo rosa, gli omosessuali, i depravati, i deviati, i froci, i rottinculo (come erano obbligati ad autodefinirsi), fossero proprio gli ultimi degli ultimi, la feccia, lo scarto umano.
Indegni di esistere.
In una sorta di assurda e disumana classificazione al ribasso, venivano dopo gli ebrei e gli zingari (rispettivamente triangolo giallo e marrone).
L’unico modo per salvarsi era quello di calpestare la propria dignità e accettare la sottomissione sessuale proprio verso coloro che li etichettavano come mostri repellenti.
Questione di sopravvivenza.
D’altronde la paura (che non ha niente a che fare con il nostro concetto di paura), la fame (che non somiglia neanche lontanamente alla nostra) e l’annientamento come individui, fanno sì che la dirittura morale e il rispetto di sé fossero aspetti del tutto secondari.
Josef ce l’ha fatta, e il suo triangolo rosa è conservato allo “United States Holocaust Memorial Museum” di Washington.
Purtroppo però pochissimi tra loro sono sopravvissuti allo sterminio e troppo poco si sa di ciò che hanno dovuto patire.
Ecco perché questa testimonianza è preziosa.
“CHE RESTINO SEMPRE NEL NOSTRO RICORDO, QUESTE MOLTITUDINI DI MORTI, VITTIME SENZA NOME E IMMORTALI”.
Ogni volta…ogni volta resto senza parole. Mi si ghiacciano tutte in gola.
Recensione di Antonella Russi
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