GRANDE MERAVIGLIA, di Viola Ardone (Einaudi – settembre 2023)
Quanto apprezzo questa scrittrice, che a mio avviso è una delle migliori del momento! Ho amato tutta la sua produzione a partire da Una rivoluzione sentimentale e La ricetta del cuore in subbuglio in cui un’autrice ancora un po’ acerba è riuscita comunque a coinvolgermi in una lettura ironica e mai banale, per continuare nelle due piccole perle che sono Il treno dei bambini ed Oliva Denaro sino a questo Grande meraviglia che mi ha fatto commuovere e divertire nello stesso tempo.
Sì, perché il candore con cui Elba riesce a descrivere la terribile vita di un manicomio- in un periodo in cui spesso vi finivano le donne che non rientravano perfettamente nelle regole stabilite da un prevaricatore mondo maschile- è nello stesso tempo terribile ed esilarante, con il suo Diario dei malanni di mente dove la ragazza compilava e catalogava le malattie mentali riscontrate nel “mezzomondo”,, descrivendole e chiamandole con soprannomi che ne indicavano le principali caratteristiche. Non a caso Lampadina è l’infermiere che pratica l’elettroshock, Gillette è una infermiera un po’ irsuta e tra i pazienti ricoverati troviamo la Nuova, un’ anoressica tutta pelle e ossa, Nonna Sposina che non fa altro che “burbureggiare” aspettando il suo sposo, Mastro Lindo che ha tentato di suicidarsi con la candeggina, Sandraccio che ripete sempre ” Non ce la faccio”, Mappina che ruba gli oggetti, soprattutto quelli che luccicano, Aldina la poetessa sovversiva, che tanto ci ricorda Alda Merini. Eppure a quei tempi i manicomi erano posti di dolore e prevaricazione dove si praticavano terapie crudeli come le docce gelate, i letti di contenzione, l’elettrochoc, che spesso trasformavano persone senzienti ma ritenute diverse in esseri catatonici, riducendole come vegetali.
Il romanzo è la storia di quello che accadeva nei manicomi nel periodo in cui, alla fine degli anni ’70, veniva approvata la legge Basaglia, attraverso gli occhi ed il racconto di Elba, il cui nome richiama l’omonimo grande fiume del nord, freddo e grigio, che è nata e vissuta in manicomio- salvo il periodo in cui è stata mandata ad istruirsi dalle “Suore Culone”- perché figlia di una ricoverata, la sua Mutti, giudicata come molte altre donne non sana di mente ma che aveva solo il difetto di essere una tedesca rifugiata politica ed una moglie infedele che era rimasta incinta di un uomo che non era suo marito.“Ognuna è spaiata qua dentro, siamo bambole rotte che non vale la pena di riparare. Dai retta a me, che al mezzomondo ci sono nata e cresciuta, come un panda allo zoo che ho visto in un documentario sul terzo canale. Pazza la mamma, pazza la figlia, pazza tutta la sua famiglia.”
Ed è qui che Elba incontra un giovane medico, Fausto Meraviglia, che crede fermamente nei nuovi principi sulla salute mentale, e che introduce, pagando caro il suo comportamento anche con qualche giorno di galera, innovazioni che sconvolgono la vita del manicomio – come avviene ad esempio con la memorabile partita di calcio tra il Paris San Gennaro ed il Patetico Madrid- e che vuole tirare fuori di lì la ragazza cercando di darle una famiglia e la speranza di un futuro migliore.
Ma è anche un romanzo che racconta, attraverso la vita da anziano e ormai pensionato di Fausto Meraviglia, cosa significa diventare vecchi, con la solitudine che incombe e ti costringe a fare i conti con il passato, con le vittorie e le sconfitte, con gli amori e con le delusioni, con i rimpianti e con le piccole soddisfazioni di ogni giorno.
Insomma un libro che a mio avviso è proprio una grande meraviglia, per la capacità di Viola Ardone di descrivere un pezzo di storia italiana parlandoci delle persone che hanno provato sulla propria pelle gioie e dolori di quel periodo, che sono sì personaggi di un libro ma che riassumono in sé un vissuto reale: una storia cruda e dura ma veramente potente, che ti fa arrabbiare ma anche commuovere ed un po’ anche sorridere.
Recensione di Ale Fortebraccio
I romanzi di Viola Ardone non sono mai semplici opere di narrativa ma portano sempre con sè un carico non indifferente di spunti di riflessione oltre a lasciarci una galleria di personaggi articolati e complessi i cui tratti vengono pian piano definiti nel corso della lettura. Se ne “Il Treno dei Bambini” il pretesto storico era l’affidamento dei bambini delle famiglie povere del Sud Italia a famiglie benestanti del Nord e in “Oliva Denaro” quell’obbrobrio legale chiamato “matrimonio riparatore”, stavolta il substrato da cui parte la storia in oggetto è l’entrata in vigore della Legge Basaglia e la progressiva chiusura dei manicomi, e proprio in uno di questi è ambientata la prima parte di questa opera.
È il romanzo di formazione di una ragazza, Elba, nata in una manicomio da una donna mai stata matta e di un dottore, Fausto Meraviglia, che decide di salvarla quando questa si ritrova sola portandola a casa sua e trattandola come una figlia, proprio lui che ha già due figli e che nella vita non è mai stato un buon padre. È una storia fatta di momenti forti, a volte strazianti, ma dove due elementi costanti aleggiano per tutta la narrazione, l’amore e il bisogno di esistere e di essere riconosciuti per quello che si è e non per quello che gli altri vorrebbero da noi. La storia si sviluppa su due piani temporali distinti, con le voci di Elba e Fausto che si alternano raccontando il proprio vissuto e mettendo via via nuove tessere al complesso mosaico delle loro vicende.
Un romanzo umano di grande potenza e intensità, ricco di passaggi memorabili e di colpi di scena mai banali, una storia di crescita interiore che ci porta a riflettere sull’amore, sulla complessità dell’esistenza e sul duro cammino da affrontare per legittimare le nostre scelte.
Recensione di Enrico Spinelli
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