I BAMBINI DI SVEVIA, di Romina Casagrande
Attenzione: rischio spoiler
Dopo molto tempo ho deciso di effettuare una nuova recensione, dato che il libro di cui vi parlerò mi ha lasciato delle sensazioni estremamente contraddittorie.
La trama è la seguente: Protetta dalle mura di una casa nascosta dal rampicante, Edna aspetta un segno. Da sempre sogna il giorno in cui potrà mantenere la parola data. L’unico a farle compagnia è Emil, un pappagallo dalle grandi ali blu. Non le è mai servito altro. Fino a quando una notizia la costringe a uscire dall’ombra e a mettersi in viaggio. È arrivato il momento di tener fede a una promessa a lungo disattesa. Una promessa che lega il suo destino a quello dell’amico Jacob, che non vede da quando erano bambini.
Da quando, come migliaia di coetanei, furono costretti ad affrontare un terribile viaggio a piedi attraverso le montagne per raggiungere le fattorie dell’Alta Svevia ed essere venduti nei mercati del bestiame. Scappati dalla povertà, credevano di trovare prati verdi e tavole imbandite, e invece non ebbero che duro lavoro e un tozzo di pane. Li chiamavano «bambini di Svevia». In quel presente così infausto, Edna scoprì una luce: Jacob. La loro amicizia è viva nel suo cuore, così come i fantasmi di cui non ha mai parlato. Ma ora che ha ritrovato Jacob, è tempo di saldare il suo debito e di raccontare all’amico d’infanzia l’unica verità in grado di salvarli. Per riuscirci, Edna deve tornare dove tutto ha avuto inizio per capire se è possibile perdonarsi e ricominciare. Lungo antiche strade romane e sentieri dei pellegrini, ogni passo condurrà Edna a riscoprire la sorpresa della vita, ma al contempo la avvicinerà a un passato minaccioso. Perché anche la fiaba più bella nasconde una cupa, insidiosa verità.
La storia è tremenda e ti strazia il cuore: i bambini venduti dalle famiglie a causa dell’estrema povertà in cui versavano si trovavano a dover lavorare per padroni sconosciuti, il cui unico scopo era il profitto e che non avevano il minimo interesse per il benessere e la salute dei piccoli, al punto che il medico era considerato una spesa inutile per una forza lavoro facilmente sostituibile ed il cibo fornito appena sufficiente a sopravvivere e lavorare. Un lager ante-litteram, a cui manca solo lo scopo definitivo di sopprimere volontariamente i lavoratori.
A questo punto vi chiederete cosa non mi ha convinto di questo libro, immagino. Semplice, la storia viene narrata da Edna, ex bambina di Svevia divenuta un’anziana donna triste e sola, che decide di intraprendere il viaggio di ritorno dal suo Jacob, l’unica persona che l’abbia veramente amata e protetta e da cui si era separata scappando dalla fattoria.
La donna parte, con la sola compagnia di Emil, pappagallo/uccello del paradiso, a piedi per ripercorrere al contrario la strada che l’aveva riportata a casa. Parte per tornare alla sua vera casa, a quell’amico che l’ha accompagnata nei pensieri e nelle non-scelte per tutta la vita. Il problema è che il viaggio catartico non può essere realisticamente affrontato da una novantenne armata solo di una sacca e del trasportino dell’uccello.
Le capitano molte disavventure ma incontra sempre brave persone che al di là dell’apparenza la aiutano a superare un nuovo ostacolo, dorme in fienili, tende, cappelle, boschi. Diciamoci la verità, quale donna di 90 anni potrebbe riuscire a farcela? E per quanto ognuno di noi speri in un mondo abitato da buone persone quanto è plausibile che incontri solo brave persone, spesso disposte a rischiare molto per aiutarla?
Ritengo inoltre che la storia dei bambini di Svevia, vero argomento trattato dal libro, non sia stata raccontata con completezza, dato che si intravedono vari episodi scollegati, i quali ci mostrano allo stesso tempo molto e poco della reale vita dei bambini.
Tuttavia, i difetti da me elencati sono interamente superati in quanto la storia assurge a favola, descrivendo la crescita della bambina Edna – vecchia solo anagraficamente – attraverso l’incontro con mostri, a partire dal padrone della fattoria ed i contadini che di lei hanno approfittato, ma anche con i cavalieri, che la aiutano e sostengono durante il suo viaggio, e con il principe azzurro, l’eterno Jacob la cui presenza lontana scandirà l’intera vita di Edna, mai veramente completa.
Ed il viaggio si concluderà con la definitiva maturazione della donna, non più bambina, che ha sconfitto i mostri della memoria ed è pronta ad una nuova vita, anche se ha già 90 anni.
L’ultimo quesito è se vi consiglio la lettura di questo libro: sì, ve lo consiglio, perché nonostante i paradossi che contiene, la Casagrande lega il lettore per le più di 300 pagine rendendo Edna una di quelle figura di cui non ci scorderemo tanto facilmente e colmandoci di domande sulla nostra vita.
Recensione di Giulia Quinti
E’ anche un libro che mina delle certezze, il benessere e l’amore verso i bimbi che si respira in Alto Adige! Non è sempre stato così e ce ne rendiamo conto nel confronto fra la realtà di Edna nella sua casa ed il suo vissuto da bambina. E’ favoleggiante, ma quanto è bello poter pensare che anche a 90 anni si possano perseguire i propri sogni e mantenere la parola data, con testardaggine e forza. Da leggere