I BUDDENBROOK, di Thomas Mann
Sono arrivato a questo romanzo quasi per caso, leggendo di altro. L’avevo comprato forse qualche anno fa e poi era rimasto lì, in bella vista, tra i romanzi del grande Dostevskij.
Scritto agli inizi del ‘900 dal premio nobel Thomas Mann, è una saga familiare e descrive la progressiva rovina e decadenza di una agiata famiglia mercantile della borghesia di Lubecca, attraverso la storia di quattro generazioni, dal 1835 al 1877.
In un’ampia e minuziosa descrizione di ambienti e vestiti, ove l’apparenza non è soltanto forma ma sostanza di ciò che si è, ove la grandezza e la decadenza appaiono anche in segni esteriori evidenti nei protagonisti, in come si pongono ed appaiono ed in ciò che li circonda, ed in altrettante minuziose descrizioni di eventi, di pensieri e di azioni, Thomas Mann, a poco più di vent’anni, ha saputo pennellare in questo grande libro, e spesso in modo amaro, dei temi forse ora meno stringenti, ma comunque universali in ogni tempo e luogo: il senso di sé e del ruolo scelto o imposto, delle aspettative sociali e familiari, che tutte insieme compongono il destino di ognuno; la differenza tra apparenza e sostanza, tra come si appare e come si è realmente, di ciò che quindi e comunque si diventa a volte o spesso, all’interno di un destino libero o preconfezionato; di come il destino tracci vie diverse, a volte non apparentemente logiche e di come non sempre ricompensi i buoni propositi, portati avanti grazie a notevoli sacrifici; il peso ed il senso della sconfitta e della solitudine, propria e di un’intera famiglia.
Il filo conduttore del romanzo è l’impresa familiare iniziata dal bisnonno, che percorre un’ampia parabola e dopo aver toccato l’apice ed averlo mantenuto per diverso tempo, inevitabilmente decade, come i vari componenti della famiglia, tratteggiati in modo sapiente nelle loro caratteristiche peculiari.
Attraverso la vita di alcuni suoi protagonisti, i tre figli del patriarca: Thomas, Antonie e Cristian e poi anche del nipote Johan “Hanno”, vediamo tre caratteri, tre destini, e un’unica fine ingloriosa.
Vediamo descritta la consapevolezza del ruolo ed il suo peso, l’ingenuità di un ruolo sociale continuamente inseguito e continuamente perso, la ribellione che non porterà a nulla.
I personaggi che più mi hanno toccato anche per motivi opposti, sono stati Thomas Buddenbrook e suo figlio Hanno, che verso la fine del romanzo, attraverso le loro azioni e spesso riflessioni assumono un peso veramente notevole.
E’ il volo liberatorio e finale, necessariamente decadente. Attraverso Thomas, si sente potente il peso di una vita buttata via, di sacrifici encomiabili non ripagati, il peso terribile della sconfitta sociale e familiare, il conflitto non risolto di un uomo di fronte a se stesso. Hanno la bellezza di un sogno, e l’incapacità di trovare una propria strada e il senso spesso tragico del destino, che da solo decide comunque il percorso di tutti.
Non è molto breve, in quanto sono oltre 700 pagine, ma la scrittura è scorrevole e quindi si legge bene e a lungo. Che dire, un’ottimo romanzo che consiglio a tutti, che fa riflettere sui tanti temi trattati.
Recensione di Giuseppe Antonelli
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