I COLORI DELL’INCENDIO, di Pierre Lamaitre
Pierre Lemaitre è uno scrittore che può spiazzare, di cui di primo acchito è difficile cogliere la bravura. Questo perché ha fatto della leggerezza la sua cifra stilistica e sono in pochi, sia tra chi ha provato a scrivere che tra chi si limita a leggere, a comprendere fino in fondo quanto sia difficile raggiungere la leggerezza dello stile senza per questo togliere spessore alla storia.
Nella sua ultima fatica, “I colori dell’incendio”, ritroviamo la vena umoristica, come anche la sua capacità di portare avanti un romanzo che segue diverse storie, diversi punti di vista, diversi subplot, senza che la scorrevolezza ne risenta. Ritroviamo, ancora, le pennellate veloci con le quali riesce a descrivere un tratto caratteriale di un personaggio (“Dupré era felice, era il suo primo banchiere.”).
Il libro si ricollega direttamente al suo precedente “Ci rivediamo lassù”, continuando nel percorso di racconto storico delle piccole storie personali di personaggi più o meno rappresentativi dell’epoca in cui vivono: se con “Ci rivediamo lassù” Lemaitre si era mosso nel periodo dell’immediato primo dopoguerra, adesso le lancette sono spostate più avanti, ovvero nelle fasi che precedono il precipitare degli eventi che porterà allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Rispetto al suo precedente, però, pone al lettore una piccola sfida in più: stavolta i toni sono più sfumati, i personaggi se vogliamo meno tragici; domina la leggerezza, che può non piacere a tutti.
Recensione di Antonio Parrilla
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