I DELITTI DELLA SALINA, di Francesco Abate
Dalla penna di Francesco Abate, giornalista e scrittore cagliaritano ed ex DJ noto col nome di Frisco, nasce una nuova eroina che vive la sua prima avventura in “I delitti della salina” (Einaudi 2020).
Siamo nei primi anni del ‘900 e Clara Maylin Simon è l’unica donna giornalista dell’Unione Sarda. La cogliamo subito in un momento difficile perché, per un’inchiesta precedente inerente alle rivendicazioni sindacali delle sigaraie della Manifattura Tabacchi e nella quale la sua ostinazione nella ricerca di verità e giustizia le aveva procurato non pochi guai, è stata declassata a correttrice di bozze in uno scantinato del giornale.
Clara, mezzosangue, figlia del compianto Capitano Simon, dato per disperso e della moglie cinese morta nel darla alla luce, vive con il ricco nonno Ottavio Simon, rilevante personaggio della Cagliari bene, nel palazzotto di famiglia che si affaccia sul porto della città.
Bella, con gli occhi a mandorla ereditati dalla madre e il carattere ingegnoso e geniale ereditato dalla famiglia paterna, non esita a lanciarsi sempre in avventure pericolose alla continua ricerca di onestà e rettitudine per sviscerare ogni argomento su cui scrive. La sua voglia di riscatto dal pregiudizio, nel mondo del lavoro e nella società del tempo, del suo essere donna e soprattutto donna con caratteristiche etniche differenti, è sempre più viva e intensa.
Per questo, quando la sua amica sigaraia Sarrana le chiede aiuto non si tira indietro: numerosi “piccioccus de crobi” (sa crobi è il cesto atto a contenere carichi da reggere sulla testa) in genere orfanelli o provenienti da famiglie fortemente indigenti, sfruttati al mercato, al porto e alla stazione per il trasporto e la consegna delle merci nelle case dei più abbienti, stanno inspiegabilmente scomparendo e due di loro vengono ritrovati morti in due luoghi diversi: uno alle Saline e l’altro al molo di Su Siccu.
Aiutata dall’amico d’infanzia e redattore presso il suo giornale Ugo Fassberger e dal tenente dei carabinieri Rodolfo Saporito, napoletano da poco trasferitosi in Sardegna e che la guarda con occhi ammirati, nonché dalle amiche sigaraie e addirittura dalla tenutaria di un bordello, la signora Tedde, Clara, anche questa volta, si caccerà nei pasticci ma scoprirà la parte più oscura e segreta della sua città, scoperchiando ad uno ad uno molti dei suoi misteri.
Condotti da una prosa agile e precisa, ci si muove in una Cagliari del passato perfettamente riconoscibile, tra le Saline e il Poetto, tra le viuzze del porto e Stampace alto e basso, nella Via Roma dove è appena in costruzione il Palazzo Civico o all’interno dell’ospedale San Giovanni di Dio, con i suoi passaggi segreti da cui poter fuggire in varie direzioni o nel cuore dell’Orto Botanico ricco di piante provenienti da tutto il mondo.
Tutto questo ne fa un grande affresco che, unito a un quadro della società dell’epoca, rende imperdibili tante descrizioni ricche di dettagli che dopo poche pennellate catapultano il lettore, soprattutto il lettore cagliaritano o quello che conosce bene la città, in un periodo lontano che suscita persino una punta di nostalgia per alcune bellezze ancora non intaccate dalla mano dell’uomo. Il libro, autoconclusivo, lascia poi un finale aperto che ci fa capire come Clara Simon ritornerà ancora, sia a reclamare una giustizia vera e non dimezzata dagli opportunismi e dagli equilibri imposti da una casta molto difficile da scalfire, sia ad indagare sulla scomparsa del padre che il suo cuore sente, ancora vivo, da qualche parte.
Recensione di Maristella Copula
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