I FIGLI DELLA MEZZANOTTE Salman Rushdie

I FIGLI DELLA MEZZANOTTE Salman Rushdie Recensione UnLibro

I FIGLI DELLA MEZZANOTTE, di Salman Rushdie

 

Recensione 1

Attraverso le vicende di Saleem Sinai, nato la notte dell’Indipendenza, il romanzo racconta la storia dell’India contemporanea, dilaniata dai conflitti politici, etnici, religiosi, divisa tra l’attaccamento alle tradizioni e il desiderio di rinnovamento, animata dallo scontro tra civiltà, tra custodi di tradizioni e iconoclasti, tra chi vede nell’indipendenza l’opportunità di crescere come paese e chi pensa che sia “una cosa per ricchi”, un beneficio di cui godranno solo le classi abbienti.

 

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L’autore racconta la storia della famiglia Sinai attraverso lutti familiari, fallimenti economici, scambi di neonati, guerre, incantesimi, matrimoni e tradimenti, narrando il tutto con arguzia e un tocco di humor che rende la narrazione mai troppo pesante, anche se le digressioni sono lunghe e non sempre è agevole seguirle ma contribuiscono ad accrescere il fascino di questo monumento alla memoria, che lascia impresso nella mente del lettore soprattutto l’atmosfera di un India sospesa tra magia e realtà, dove eventi soprannaturali, legati all’aspetto arcaico dell’India convivono con gli avvenimenti storici, creando la stessa perfetta combinazione della salsa chutney, sovente citata nel libro, perfetta metafora del melting pot in cui cresce il protagonista.

 

Consigliato ai lettori pazienti, ma non a quelli alle prime armi, il romanzo di Rushdie dipinge un interessante affresco dell’India molto lontano sia da certe rappresentazioni da cartolina sia quelle “misteriose” dei romanzi del secolo XIX, fornendo l’occasione di scoprire quanto ci sia ancora da conoscere nella storia di un paese così grande e lontano.
Consiglio anche di evitare l’edizione Garzanti, che utilizza un carattere piccolo al limite della leggibilità.

Recensione di Valentina Leoni

 

Recensione 2

 

“La storia ha inizio in India in un momento ben definito: il 15 agosto 1947 a mezzanotte “nell’istante preciso in cui l’India pervenne all’indipendenza”, il protagonista, Saleem Sinai, venne scaraventato nel mondo.

Saleem è il primo di mille e uno dei bambini nati tra la mezzanotte e l’una di quella memorabile data. I bimbi nati in quell’ora precisa avranno dei poteri speciali, e Saleem, il primo tra tutti, ne ha uno particolarissimo: è telepatico, legge nella mente e nei cuori degli uomini, comunica con gli altri senza bisogno di incontrarsi.
Saleem, al compimento dei suoi 10 anni, scoprirà questa facoltà e sarà in grado di riunire tutti i suoi “fratelli” nella Conferenza dei figli della Mezzanotte. Già, ma dove si trovano questi bambini che vivono in diversi angoli di questo sconfinato e immenso paese? Si riuniscono in “un quartier generale dietro le sopracciglia” di Saleem…nella sua mente.
La memoria è uno tra i temi fondamentali del libro: Saleem sembra conservarla in salamoia come si fa col chutney per non farci smarrire in una miriade di vicende che si intrecciano, per non dimenticare i volti, i nomi, le passioni, le paure dei singoli e di una nazione. “Mettere in salamoia significa, in fondo, conferire immortalità” – afferma Saleem.
Al tema della memoria si oppone quello dell’oblio e dell’amnesia come rimozione della vergogna per le molteplici nefandezze e gli innumerevoli orrori commessi da chi governa i popoli.
Ma la vera protagonista indiscussa del romanzo è l’India che entra in scena ancor prima dei personaggi. Un’India popolata da figure assurde, gobbi, storpi, donne bellissime, bambini deformi, vecchi contorti, streghe e incantatori di serpenti. E poi odori, colori, rumori, suoni, sfumature del cielo, il frusciare dei sari e la durezza della terra. Tutto descritto fin nei minimi dettagli. Tutto inserito in un periodo storico ben preciso che va dal 1947 agli anni ’80. Una cavalcata temporanea che va dall’India dell’indipendenza a quella di Indira Gandhi, periodo di massima costrizione dove quasi tutte le libertà personali furono azzerate, passando per la guerra con il Pakistan e la nascita del Bangladesh.
Tramite le vicende individuali emerge così il volto di un’India moderna e induista e islamica al contempo, occidentale e oberata da superstizioni antichissime, avanzata e al tempo stesso afflitta da arretratezza. Una nazione ambiziosa ma imperfetta, alla ricerca di un ruolo di primo piano sullo scacchiere mondiale, ma tristemente destinata a rimanere ai margini del mondo sviluppato.
Un’India che si affranca dal colonialismo britannico e che pure rimane ancestrale, composita nei suoi innumerevoli riti, nei suoi polimorfici simboli e nelle sue millenarie tradizioni. Il romanzo di Rushdie ha un progetto ambizioso: esprimere la realtà di un popolo colto in un passaggio epocale del proprio cammino attraverso gli occhi di un bambino. L’individuale si mescola al collettivo, il privato al pubblico, la storia di Saleem con quella dell’India. Il tutto reso con una scrittura fortemente, prepotentemente personale. Lo stile di Rushdie è fluente, immaginifico, barocco. Narra vicende surreali con un tono distaccato e impassibile come se stesse descrivendo avvenimenti banali.
“Avrei dovuto saperlo: al passato non si fugge. Ciò che tu eri è ciò che sarai per sempre”. Questa è l’India di Rushdie, questo è Saleem Sinai.”

Recensione di Cristina Costa

 

I FIGLI DELLA MEZZANOTTE Salman Rushdie

 

Titolo presente nei 5 libri per viaggiare – seconda puntata

 

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