I FIGLI DI HURIN, di J.R.R. Tolkien
La mia riflessione di oggi riguarda un romanzo o meglio un lungo racconto di uno degli autori che preferisco ma che mi lasciò perplessa, al tempo della sua uscita: si tratta de I Figli di Hurin, opera postuma di J.R.R. Tolkien.
La trama in breve: Morgoth prende in ostaggio Hurin, della casa di Hodor, e per fiaccare la sua volontà gli impone di vedere gli effetti che la sua maledizione avrà sui suoi figli, l’impetuoso Turin e la dolce Niniel, che scopriranno il loro legame solo dopo essersi uniti in matrimonio e troveranno tragica fine.
La storia dei figli di Hurin si trova narrata, in parte, sia ne Il Silmarillion che nelle raccolte di racconti, ma questa è la prima narrazione organica e completa di tutta la vicenda realizzata da Christopher Tolkien, figlio di J.R.R. e massimo esperto di materia Tolkeniana, anche in base agli appunti e ai poemi inediti del grande scrittore inglese.
Non si può escludere che dietro a questa operazione ci sia un calcolo commerciale, dovuto alla vasta eco suscitata dall’uscita del film di Peter Jackson dedicata al Signore degli Anelli, ma nel complesso il libro è valido, anche se comunque riservato a un pubblico “di nicchia”, dato che le vicende di Turin niente hanno a che fare con quelle della saga dell’Anello ed erano comunque già note.
Un libro dunque non indispensabile, ma comunque una buona lettura, impreziosita dalle stupende illustrazioni di Alan Lee, e da una bella postfazione di Quirino Principe e G. de Turris.
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