I FIORI BLU, di Raymond Queneau (Einaudi)
Il colore blu dei fiori sta a indicare il sentimento della tranquillità, legato al colore infinito degli oceani e del cielo.
All’apertura mentale e alla creatività immaginativa.
I fiori blu si regalano a una persona che ha necessità di sognare. (Il colore blu è anche un antistress).
E io mi sono regalata questo libro che è tutto “un fiore blu” in questo fango di moto perpetuo ciclico senza inizio e senza fine, che ripercorre sempre lo stesso punto creando fenomeni consunti.
Un libro che è una bomba più del nucleare, il più del più.
Una grande, immensa genialata atomica poiché sta a dimostrare quanta potenza dissacrante abbiano le parole nel distruggere tutte le nostre certezze, frantumare la logica, ridicolizzare la storia scolastica – passata intermezza e futura – banalizzare una religione pre e post adamitica, il tutto ricomposto accuratamente in uno scenario di spassoso immaginario da chi sa manipolare la lingua in virtù di un grande sapere e di un innato estro creativo. (Si nasce geni o ci si diventa?)
Nei “Fiori blu” non esiste il tempo calendarizzato ma salti temporali. Non esistono personaggi ma parodie caricaturali. Non esiste pesantezza di concetti ma chiare linee di quotidiano sarcasmo. Si vive in un sogno nel sogno, e qui tutto è possibile. Si può essere un valoroso duca D’Auge come un tranquillo e svitato Cidrolin, lungo uno sviluppo temporale sincronico e diacronico.
Si può vivere in un castello, come in una chiatta. Si annullano i contrari, si gioca con le parole reinventadole, ricomponendole, raggirandole, rimpicciolendole e/o ingrandendole.
Il sogno diventa l’arma per risolvere l’irrisolvibile in un gioco pantafisico, in una dimensione di surrealismo onirico.
Del resto l’evoluzione dell’essere umano sta proprio nella capacità di sviluppare un’indole surreale, giocare con la parole, conoscere per pensare, sapere per superare i confini imposti dalla scatola cranica. Mica siamo solo laboriose formiche o api organizzate, o istintive bestie predatrici o vittime inconsapevoli.
Siamo esseri talmente pensati da creare mondi paralleli, coincidenti e incidenti. Mica possiamo accontentarci di studiare in una linea retta la storia dall’universale al particolare e dal particolare all’universale. È ridicolo. È limitante.
Mica possiamo credere che Adamo sia rimasto con 23 costole ed Eva con una. Suvvia allarghiamo le meningi.
Quando leggo questo genere di libri mi sento il cervello lubrificato e la mia vista, investita da sciabolate di luce nelle tenebre, spazia in mondi infiniti capaci di ribaltare l’impossibile con il possibile. E mi procura anche delle salutari sghignazzate spontanee, proprio come farebbe una bambina, mentre lascio dietro di me il ridicolo della guerra, della violenza e tutta la solita menata del quotidiano.
“I Fiori blu” di Raymond Queneau è un libro talmente divertente che bisogna comunque prendersi delle pause di riflessione poiché si apre a una miriade di interpretazioni : ogni lettore può “tradurlo” come meglio desidera in una totale e libera comprensione sociale, filosofica, astrologica, storica, psicoanalitica, matematica, concreta, onirica, reale e fantasiosa. O nulla di tutto questo.
Vi invito a leggere “I fiori blu” di Queneau anche per l’accurata traduzione del nostro Italo Calvino, anch’esso genio di una letteratura fiabesca e allegorica ricca di significati. Compresa la nota finale dell’illustre traduttore.
“Bischerate! Per il momento, è la mia libertà che m’interessa”
“Anche questa l’ho in quel posto”
Recensione di Patrizia Zara
I FIORI BLU Raymond Queneau
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