I FRUTTI DEL VENTO, di Tracy Chevalier
Come sempre l’autrice presenta un periodo storico ben definito e lo narra e lo dipinge così minuziosamente e sapientemente che permette al lettore di viverlo e respirarlo.
È il XIX secolo. L’America ha ancora in buona parte vaste praterie e territori da domare e rendere fertili e fruttuosi.
È il periodo della corsa all’oro che porta con sé quella smania di ricchezza che rende pazzi e dissennatamente violenti gli uomini.
È il periodo in cui, in Ohio,un uomo che riesca a piantare cinquanta alberi da frutto su un vasto territorio, possa considerarlo suo.
Ci sono le mele.
Le mele asprigne da sidro. Le mele dolci Golden e poi quelle esotiche che nascondono il sapore dell’ananas: le mele Pitmaston. Ma chi ha davvero assaporato un ananas in quei tempi? È leggenda..
Ci sono i giganti della natura: le sequoie sempervirens testimoni muti dell’umanità e delle sue miserie.
E c’è una famiglia, quella dei Goodenough, che forse “abbastanza buoni” non sono.
Omen nomen.
L’autrice con sapiente maestria accenna a delitti, violenze inaudite, miserie e incesti. Accenna, dissimula. Eppure si sente lo stomaco contrarsi. Si prova dolore.
Il testo è scorrevolissimo. A tratti didascalico.
Fa provare emozioni: le più diverse.
Fa sorgere curiosità storiche presentando personaggi realmente esistiti, come Johnny Appleseed o William Lobb, che lubrificano gli ingranaggi della storia.
Alla fine ci si sente più ricchi.
Davvero un bel romanzo.
Recensione di Belinda Mancini
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