I MELROSE, di Edward St. Aubyn (Neri Pozza)
Libro duro, cinico e nello stesso tempo umanissimo, volutamente esasperato nel concetto più ipocrita del perbenismo delle classi sociali più elevate, che altro non fanno che a cascata, fare da specchio a tutte le altre. Qui non si salva nessuno, dai ricchi, ricchissimi, a tutto l’entourage che li circonda e ne imita gli atteggiamenti con pose scimmiottate e naturalmente inasprite dalla ricerca di similitudini non nate dai privilegi di nascita.
I Melrose è una saga famigliare in cui, le dinamiche parentali raccontate, per quanto difficoltose, assurde e violentemente dolorose sono riconoscibilissime in tante famiglie. Evitando gli estremi a cui arriva questa “simpatica” family che non rinuncia a distruggere la generazione successiva in tutti i modi possibili, i Melrose, di generazione in generazione applicano le famose dinamiche psicologiche del “faccio esattamente il contrario per non trovarmi di fronte ad uno specchio e rivedere mia madre/mio padre”, sento tanti “fremiti nella forza” (cit.) di fronte a queste parole, è facile riconoscersi senza entrare nei loro eccessi in David, Eleonor, Mary o Patrick, figlio e figura portante di tutto il romanzo.
Il linguaggio di Aubyn è ricco, ricercato, pieno di sfumature, con dialoghi intelligenti, cinici e pieni di “umorismo nero”.
Assolutamente implacabile con i suoi personaggi, ne descrive ogni vizio e debolezza con l’occhio cinico e allenato di chi ha vissuto l’ambiente sociale descritto. Oso dire che l’enfasi con cui vengono messi a nudo i difetti di ogni personaggio è certamente più spiccato dello sforzo con cui ne ha descritto i rari pregi.
Una saga di cui mi manca l’ultimo tassello, il libro finale “Lieto fine”, titolo che è tutto un programma pensando a quanto letto finora.
Stralcio del libro se per caso l’interesse non fosse ancora acceso: “Aveva bisogno di ricongiungersi con la sua specie, con le numerose schiere di animali ruttanti sulla spiaggia, divisi solo da una lama di rasoio o da una ceretta, e con un folto manto di pelliccia; scontando con atroci mal di schiena la loro pretenziosa posizione eretta, ma desiderando segretamente di avanzare zoppicando e trascinando le nocche nella sabbia, guaendo e grugnendo.”
Recensione di Elena Raspanti
I MELROSE Edward St. Aubyn
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