I MIEI STUPIDI INTENTI, di Bernardo Zannoni
Recensione 1
Prima c’è stato il mio cane, Pupa, che ha 15 anni ad insegnarmi l’amore, la fedeltà e la cieca fiducia, lei mi educa ancora alla devozione.
Poi è arrivato il mio consiglio, Sonia di un amore e mezzo, che mi ha insegnato che l’amore paziente educa e che tutti abbiamo bisogno di una famiglia. A voler tornare indietro con la memoria anche altri animali mi hanno insegnato ma erano personaggi dei cartoni animati. L’ultimo animale ad insegnarmi qualcosa è una faina, di nome Archy, protagonista del libro di esordio di Bernardo Zannoni. Giovanissimo e talentuoso.
Eh si, questo romanzo parla di una faina figlio di un ladro che muore giovane e lascia la moglie con diversi figli, non tutti in salute e forti. La moglie schiacciata dal dolore e dalla difficoltà prende decisioni forti e Archy deve lasciare casa. Comincia così la sua storia. Fuori casa, nel bosco, con il pensiero dedicato solo ed esclusivamente alla famiglia, madre e fratelli, sotto lo sguardo di Solomo, volpe dura e incattivita dal destino e dalla vita. Archy comincia a capire la vita è crudele, fa male, e quasi gode a separare affetti. Si indurisce anche Archy ma usa l’intelligenza, che per fortuna ha, per diventare indispensabile per Solomon che intanto invecchia e non nasconde di aver bisogno di aiuto per la sua attività commerciale. Da questo sodalizio nasce un rapporto importante che cambierà il destino di Archy quanto quello di Solomon che decide di trasferire ad Archy tutto ciò che ha imparato dalla vita e dal libro misterioso, il libro che parla di Dio. Ed ecco che si dipana una storia in cui gli animali, tutti quelli incontrati leggendo, sono portatori di messaggi “umani”, e non stupisce perché da Archy a Solomon, da Gioele a Klaus sono tutti animali umanizzati. Loro fanno tutto come gli uomini ma sono nel bosco e volente o nolente vivono principalmente guidati dall’istinto. Istinto animale e istinto di sopravvivenza.
La morte, Dio, la famiglia, l’amore, la genitorialitá, la vendetta, la gelosia, la solitudine, l’amicizia, il rispetto, la paura, la conoscenza, la cattiveria, la debolezza e chi più ne ha più metta, diventano parte fondamentale del cammino di questa faina che matura, cresce e filosofeggia.
Il lettore nascosto dietro cespugli o sopra gli alberi la segue fedelmente e non può fare a meno di ascoltarla ed imparare da lei, non può fare a meno di accompagnarla fino alla fine.
Non so perché io abbia snobbato questo libro ma oggi mi dico stupida da sola. È un piccolo gioiello che voglio custodire per farlo leggere, a tempo debito, ai miei bimbi.
Consigliato.
Recensione di Maria Elena Bianco
Recensione 2
Bernardo Zannoni
I miei stupidi intenti
Ho volutamente scritto il nome dell’autore, ancora prima di quello del libro, perché questo giovane scrittore, merita il tributo per questa sua opera prima.
Ho sempre pensato che per scrivere un buon libro ci volesse innanzitutto una storia da raccontare.
Oggi, dopo aver letto le sue pagine, posso dire con certezza che chi ha talento può scrivere qualsiasi cosa.
Vi confesso che mai avrei creduto di leggere, incollata alle pagine,la storia di una faina. Che poi , per inciso, io una faina non l’ho nemmeno mai vista.
Ed invece, Archy è proprio il nome della nostra faina e la sua è una storia cruda, dura e sconcertante.
Non una favola. Un romanzo, con protagonista un animale.
Con grande maestria il giovane scrittore esordiente, ha scritto qualcosa di assolutamente originale.
Perché, se è vero che i protagonisti parlano, pensano come gli uomini, nello stesso tempo le dinamiche che Zannoni ci racconta sono quelle del mondo animale, con le sue dure regole, dominate dagli istinti, dalla sopraffazione, dalla legge del più forte. Nonostante ciò, in questa sconvolgente metafora di Zannoni, Archy, si comporta da animale tra gli animali, ma con sentimenti umani.
E mentre Archy si sente sempre più vicino agli uomini, prendendo consapevolezza della morte, di Dio, dell’amore , noi lettori ci sentiamo sempre più vicini ad Archy ed al suo mondo e ci troviamo a pensare a quanto ci sia di istintivo, animalesco e duro nel nostro “essere umani”.
Vi confesso che, durante la lettura, mi sono chiesta più volte come un ragazzo,così giovane, possa avere una consapevolezza così profonda, ma anche dolorosa, della vita.
Per la prima volta, consiglio a tutti questo libro, perché una voce così giovane, limpida, sensibile, nel panorama letterario italiano è veramente un bene raro e prezioso.
Recensione di Benedetta Giannoni
Recensione 3
Se non altro lo acquisterei per la accattivante copertina..
Una gallina e mezza è il prezzo che viene pagato Archy, ceduto da sua madre Annette all’usuraio Solomon che vive in una collina.
Bernardo Zannoni con il suo romanzo d’esordio ci racconta così la vita della faina Archy, una vita sfortunata e sofferta.
È il memoir di un mustelide che narra in prima persona la sua vita che, come quella di un uomo è fatta di gioia e sofferenza.
Fra alberi e tane sotterranee, Archy, nasce una notte d’inverno assieme ai sui fratelli.
E’orfano di padre e viene venduto dalla madre all’usuraio Solomon, una volpe, diventando così suo servo assieme al cane Gioele.
Oltre a Gioele, conosciamo il riccio Claus e tanti altri animali che hanno una componente antropomorfa, usano infatti letti, stoviglie, zappano la terra e si tirano addirittura i piatti.
Tanti sono i riferimenti alla letteratura ottocentesca ma anche alla orwelliana “Fattoria degli animali” dove, in quel caso, gli animali assumono col tempo caratteristiche umane mentre in questo caso si comportano da subito come esseri umani.
Personaggi che sembrano strappati a Camus e al tempo stesso ad un film della Pixar e se smettessimo di pensare a loro come animali, potrebbe benissimo trattarsi della storia di un essere umano che scopre la vita, l’amore e il denaro.
Archy conosce l amore e lo perde, riesce però a formarsi una famiglia e lotta per crescere i suoi figli, cerca di avere un buon lavoro,affronta il dolore, l’abbandono e la perdita.
È un percorso di iniziazione e formazione soprattutto quando si mette a servizio dell’usuraio Solomon che, non solo lo forma sul lavoro, ma nutre nei sui confronti un particolare affetto così da instaurare con lui un rapporto quasi di padre e figlio.
È Solomon infatti che insegna ad Archy le fondamentali che lo potranno elevare dalla sua condizione di animale.
La conoscenza di Dio e la forza della parola scritta renderanno Archy più consapevole ma allo stesso tempo inevitabilmente anche più infelice.
Conoscere Dio lo porterà a porsi molte domande le stesse che si può porre qualsiasi essere umano.
Come ad esempio il perché Dio possa permettere l esistenza del dolore nonostante la sua bontà.
La scrittura invece, gli insegna Solomon, ha il potere di rendere eterno, questa infatti è la potenza della parola scritta.
Archy, pur riflettendo e consapevolizzando tutto questo, vive le difficoltà della sua vita di ogni giorno, e della sua condizione, ovvero salvaguardare il suo territorio dagli attacchi di altri animali o fare scorte per l’inverno.
È un romanzo inusuale, che invita a riflettere, forte infatti è il desiderio di Archy a farsi domande su temi come la caducità del tempo e la morte.
Quella di Zannoni è una narrazione pulita, tesa e accattivante, una scrittura perfetta che accompagna il lettore in una dimensione in cui è d ‘obbligo porsi di fronte a domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
Lo scrittore, con evidenti riferimenti alla grande tradizione delle favole con gli animali parlanti, ci regala così una storia metafora della parabola esistenziale dell’ uomo.
Un libro da leggere perché “diverso” dai soliti romanzi e per scoprire dalla bocca della faina Archy riflessioni sulla condizione dell’uomo che spesso anche noi abbiamo fatto.
La frase del libro che vi lascio:
“Rivivevo il mio ritorno e l’addio che avevo dato ai miei ricordi.
In qualche maniera era come se li avessi solo nascosti.
Ora si muovevano al buio dentro al mio sonno di giorno tentavo di rimetterli a posto”.
Recensione di Gabriella Patriarchi
Recensione 3
“𝘔𝘪𝘰 𝘱𝘢𝘥𝘳𝘦 𝘮𝘰𝘳𝘪’ 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦’ 𝘦𝘳𝘢 𝘶𝘯 𝘭𝘢𝘥𝘳𝘰.[…]
𝘓𝘢𝘴𝘤𝘪𝘢𝘷𝘢 𝘭𝘢 𝘴𝘶𝘢 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘢𝘨𝘯𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘴𝘦𝘪 𝘤𝘶𝘤𝘤𝘪𝘰𝘭𝘪 𝘴𝘶𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘢, 𝘪𝘯 𝘱𝘪𝘦𝘯𝘰 𝘪𝘯𝘷𝘦𝘳𝘯𝘰, 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘢 𝘯𝘦𝘷𝘦.”
Vi siete mai chiesti cosa accadrebbe se gli animali avessero la percezione di Dio? E se ad un certo punto, in loro, istinto e ragione si confondessero?
Quale terribile tormento affliggerebbe il mondo animale? Sarebbe anch’esso destinato all’Eterno conflitto della vita con la morte..
Benvenuti nella storia di Archy la faina, figlio di nessuno e schiavo di Solomon, la volpe usuraia che si credeva figlia di Dio.
Bernardo Zannoni traccia un mondo in cui gli animali hanno le abitudini e i vizi degli uomini, tanto che ad un certo punto inizi a confonderli.
Arriva un momento in cui il lettore dimentica che Archy è una faina, Salomon una volpe, Gioele un cane temibile, ecc…
e l’istinto che domina l’agire animale non viene più percepito come tale perché in nulla o quasi differisce dall’azione dell’uomo.
Il racconto si evolve come una favola di Fedro o Esopo ma con la brutalità della punizione del Vecchio Testamento.
E tutto ha un senso, sempre, anche l’orrore che per qualche istante ha fatto indugiare la mia lettura.
Ma non è un romanzo che consente il suo abbandono. Si ha bisogno di andare avanti con la storia, di sperare e fare il tifo per tutti gli eroi.
Si perché la vita di Archy e di tutti gli altri animali non è altro che un ring.
Sopravvivenza è la parola d’ordine. Segue a ruota: Legge del più forte.
E però non è detto che a vincere sia sempre il più feroce. Talvolta è il più furbo. Quello disposto a tutto.
In poche pagine l’autore ha saputo ben riassumere le più svariate prove cui gli animali (o gli uomini) possono essere sottoposti nel corso della loro vita. Ha delineato bene l’evoluzione di Archy, dalla più tenera età fino alla vecchiaia affiancandogli personaggi minori dalle personalità più svariate, tutte descritte con precisione e grande acume.
Grande protagonista di questo romanzo, insieme alla vita, è la morte. L’oblio.
𝘊’𝘦’ 𝘶𝘯 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘦 𝘴𝘪𝘭𝘦𝘯𝘻𝘪𝘰, 𝘦 𝘮𝘪 𝘳𝘦𝘯𝘥𝘦 𝘪𝘯𝘲𝘶𝘪𝘦𝘵𝘰. 𝘈𝘤𝘤𝘰𝘮𝘱𝘢𝘨𝘯𝘢 𝘭’𝘢𝘭𝘣𝘢 𝘦 𝘪𝘭 𝘵𝘳𝘢𝘮𝘰𝘯𝘵𝘰. 𝘐𝘭 𝘤𝘪𝘦𝘭𝘰 𝘴𝘪 𝘢𝘨𝘪𝘵𝘢 𝘪𝘯 𝘶𝘯𝘢 𝘵𝘦𝘮𝘱𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘪𝘯𝘷𝘪𝘴𝘪𝘣𝘪𝘭𝘦 𝘦 𝘭𝘢 𝘵𝘦𝘳𝘳𝘢 𝘴𝘪 𝘦’ 𝘪𝘯𝘥𝘶𝘳𝘪𝘵𝘢, 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘭𝘢 𝘴𝘤𝘩𝘪𝘦𝘯𝘢 𝘥𝘪 𝘤𝘩𝘪 𝘴𝘵𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘳𝘪𝘤𝘦𝘷𝘦𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘤𝘰𝘭𝘱𝘰. 𝘔𝘪 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘰 𝘶𝘯 𝘰𝘴𝘱𝘪𝘵𝘦 𝘪𝘯𝘥𝘦𝘴𝘪𝘥𝘦𝘳𝘢𝘵𝘰, 𝘴𝘵𝘰 𝘴𝘤𝘪𝘷𝘰𝘭𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘷𝘪𝘢, 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘤𝘰𝘳𝘱𝘰 𝘴𝘪 𝘳𝘪𝘣𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘰𝘨𝘯𝘪 𝘷𝘰𝘭𝘵𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘭𝘰 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘰. 𝘓𝘢 𝘯𝘰𝘵𝘵𝘦 𝘥𝘪𝘤𝘰 𝘢 𝘋𝘪𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘶𝘯 𝘶𝘰𝘮𝘰, 𝘯𝘦𝘭 𝘤𝘢𝘴𝘰 𝘴𝘦 𝘭𝘰 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘦 𝘥𝘪𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪𝘤𝘢𝘵𝘰. 𝘗𝘢𝘴𝘴𝘰 𝘪𝘭 𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰 𝘢 𝘵𝘦𝘯𝘦𝘳𝘦 𝘨𝘭𝘪 𝘰𝘤𝘤𝘩𝘪 𝘢𝘱𝘦𝘳𝘵𝘪, 𝘢 𝘱𝘳𝘰𝘷𝘢𝘳𝘦 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘦𝘴𝘴𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘴𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘩𝘰 𝘥𝘢𝘷𝘢𝘯𝘵𝘪.
Perfetto, sublime.
Recensione di Paola Greco
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I MIEI STUPIDI INTENTI Bernardo Zannoni
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