I NOSTRI ANTENATI, di Italo Calvino
I nostri antenati (1952/1959) è una trilogia fantastica, composta dai romanzi: Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente (1959) di Italo Calvino. È stato l’autore stesso a collegare i tre romanzi, dopo averli pubblicati e constatato il successo di critica e di pubblico.
La prima edizione di I nostri antenati uscì presso Einaudi nel 1960, il libro passò nel 1985 a Garzanti per poi entrare nel catalogo di Mondadori dal 1991. Quando appare la versione inglese di Archibald Colquhoun (1980), Calvino commenta:
“Il racconto nasce dall’immagine, non da una tesi che io voglia dimostrare; […] intorno all’immagine s’estende una serie di significati che restano sempre un po’ fluttuanti, senza imporsi in un’interpretazione unica e obbligatoria. Si tratta più che altro di temi morali che l’immagine centrale suggerisce e che trovano un’esemplificazione anche nelle storie secondarie: nel Visconte storie d’incompletezza, di parzialità, di mancata realizzazione d’una pienezza umana; nel Barone storie d’isolamento, di distanza, di difficoltà di rapporto col prossimo; nel Cavaliere storie di formalismi vuoti e di concretezza del vivere, di presa di coscienza d’essere al mondo e autocostruzione d’un destino, oppure d’indifferenziazione dal tutto”.
Italo Calvino, dopo aver scritto racconti neorealisti, si rendeva conto che il neorealismo del dopoguerra non bastava più ad esprimere i mutamenti e gli sviluppi della situazione sociale italiana. Bisognava descrivere una realtà nuova. Così, Calvino comincia a scrivere Il visconte dimezzato (1952) che racconta le fantastiche avventure di Medardo di Terralba, che una cannonata turca divise a metà.
«Dimidiato, mutilato, nemico a se stesso è l’uomo contemporaneo – scrive Calvino raccontando la genesi di questo romanzo – Marx lo disse alienato, Freud represso, uno stato di antica armonia è perduto, si aspira ad una nuova completezza. Il nocciolo ideologico-morale che volevo dare alla storia era questo».
Il barone rampante (1957) è il più poetico dei romanzi della trilogia.
«Anche qui, dice Calvino, la data di composizione illumina sullo stato d’animo. È un’epoca di ripensamento del ruolo che possiamo avere nel movimento storico, mentre nuove speranze e nuove amarezze si alternano. Nonostante tutto i tempi portano verso il meglio; si tratta di trovare il giusto rapporto tra la coscienza individuale e il corso della storia».
Il barone rampante è l’uomo che non accetta le ingiustizie, che decide di separarsi dal mondo senza però perdere il contatto con gli uomini, curioso delle loro vite. Il cavaliere inesistente (1959), è il più raffinato, il più pensato, il più strutturato dei tre.
«Siete padroni di interpretare come volete queste tre storie e non dovete sentirvi vincolati dalla deposizione che ora ho reso della loro genesi, scrive l’autore. Ho voluto farne una trilogia di esperienze sul come realizzarsi come esseri umani: ne Il Cavaliere inesistente la conquista dell’essere, ne Il Visconte dimezzato l’aspirazione a una completezza al di la delle mutilazioni imposte dalla società, ne Il Barone rampante una via verso una completezza non individualistica da raggiungere attraverso la fedeltà ad un’autodeterminazione individuale: tre gradi d’approccio alla libertà. E nello stesso tempo ho voluto che fossero tre storie, come si dice, aperte, che innanzitutto stiano in piedi come storie, per la logica del succedersi delle loro immagini, ma che comincino la loro vera vita nell’imprevedibile gioco d’interrogazioni e risposte suscitate nel lettore.»
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