I TERRESTRI, di Murata Sayaka (E/O)
In cerca di un caldo riparo dopo l’intensa, affascinante e scomoda esperienza rappresentata dalla lettura di “Gelo”, capolavoro di Thomas Bernhard, attirato da una delicata copertina color pastello, decido di ritornare a leggere Murata Sayaka, autrice che avevo apprezzato qualche mese fa leggendo il suo testo più famoso, “La ragazza del convenience store.”
L’avessi mai fatto.
“I terrestri”, libro dalla copertina pucciosa, colorata e dal linguaggio scorrevole e semplice, ci conduce in un viaggio disturbante e visionario che scava nelle profondità dell’alienazione e della ribellione contro le convenzioni sociali, tematica molto cara all’autrice.
Tuttavia, se in “La ragazza del convenience store” il tema dell’isolamento e del malessere legato al conformarsi alle aspettative esterne veniva affrontato attraverso una quotidianità ordinaria e asettica, qui l’autrice spinge oltre i confini della realtà, immergendoci in un universo simbolico e inquietante.
La protagonista, Natsuki, è una bambina che si rifugia in un mondo fantastico per sfuggire a traumi familiari e sociali. Immagina di essere un’aliena proveniente dal pianeta Pohapipinpobopia, un luogo che diventa simbolo di evasione e di rifiuto delle regole terrestri. Questa innocente fantasia infantile non è solo una fuga: verrà infatti “rivendicata” e “abitata” dalla protagonista anche in età adulta come un’orgogliosa dichiarazione di estraneità al genere umano e al suo sistema oppressivo.
Murata dipinge una società descritta come una mera “fabbrica di esseri umani”, in cui le persone sono ingranaggi tenuti a “produrre” individui secondo schemi rigidi e predeterminati. Attraverso metafore immediate, l’autrice critica la pressione sociale che spinge verso la riproduzione e la conformità, soffocando ogni forma di diversità, elementi centrali del romanzo.
La scrittura è limpida e tagliente, capace di evocare immagini disturbanti e viscerali. Le scene si susseguono con un senso di crescente inquietudine, lasciando il lettore sospeso tra realtà e allucinazione. Le simbologie (dall’alieno come metafora di diversità al pianeta immaginario come rifugio mentale) amplificano il senso di straniamento e fragilità dell’identità umana.
Le parti del corpo “violate” diventano, per la protagonista, “pezzi” rotti e inservibili, la cui funzionalità potrà essere recuperata solo attraverso un completo rifiuto del sistema dei “terrestri”. È proprio nell’accettazione della propria natura aliena che i personaggi riescono a destrutturare e ri-significare ogni elemento e ogni gesto, svuotandoli delle loro connotazioni culturali intrinseche, dal nutrirsi, al riposare, all’avere rapporti sessuali e persino all’uccidere un essere umano.
Un romanzo provocatorio e perturbante, che scardina le certezze e costringe a guardare oltre la superficie della normalità. In più passaggi è necessario fermarsi, sperando che certi eventi non accadano (i quali, puntualmente, accadranno), durante la lenta discesa nell’estraniamento e nel rifiuto delle convenzioni sociali in cui lentamente scivolano i protagonisti del testo.
Una volta terminata la lettura rimangono domande aperte e una sensazione di inquietudine persistente, confermando la capacità dell’autrice di esplorare con lucidità le crepe nascoste nell’animo umano.
Di seguito alcuni estratti:
“Magia, magia, magia. Devo usare i miei poteri magici per restare in vita. Devo diventare vuota, non devo provare nulla. Devo solo dire sì e obbedire…”
“La mia città era un agglomerato di nidi, una fabbrica che produceva esseri umani. E io ero un ingranaggio, uno strumento che doveva servire al bene della società, al pari di tutti gli altri e sotto due aspetti in particolare: in primo luogo mi toccava impegnarmi a fondo nello studio per diventare un ottimo “strumento per il lavoro”; e in secondo luogo dovevo essere una brava ragazza in salute, così da fungere da “organo riproduttivo per la fabbrica”. Non ci sarei mai riuscita. Qualcosa mi diceva che sarei stata un completo fallimento in entrambi i ruoli.”
“Gli esseri umani, pensai mentre scappavo a testa bassa, impazziscono quando un organismo che ha ereditato i loro geni viene ucciso.”
“Giudicavamo ciò che vedevamo solo in base alla sua valenza pratica e razionale, e non più in termini di conoscenza o cultura.”
“mi ha sempre permesso di parlare liberamente, senza alcun limite, e di essere me stesso. I terrestri non se ne rendono conto, ma è raro incontrare une persona del genere nella vita.”
Recensione di Marcello Baio
LA RAGAZZA DEL CONVENIENCE STORE Sayaka Murata
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