IL BLUES DI MIRIAM Gianni Spinelli

IL BLUES DI MIRIAM, di Gianni Spinelli (Castelvecchi – luglio 2022)

“Giuseppe si bloccò e si avvicinò a Mariam. <<tu sei un angelo o una strega ammaliatrice>>”.

Niente punto di domanda. C’è forse differenza tra i due? Forse sì, sottile, sottilissima. Nella vita del settantenne Giuseppe, nostalgico uomo del sud, ormai rassegnato alla quotidianità, devastato dalla presenza perenne della moglie, ultima memoria storica di un territorio eroso e dissestato, irrompe Mariam. E con lei tutto riprende vita, pure Craco. E tutto diventa sorpresa ed incredulità.

Craco e Mariam.

Mariam: donna, musa, sogno.

Mariam, al suono del blues, è la ‘donna’ che dona a Giuseppe un ‘sogno’, è la ‘musa’ di Craco.

Mariam, venuta dal Mali, muove armoniosamente mani e gambe e “toccandosi i capelli ricci e lunghissimi’ con la ‘voce musicale’ anima tutto il racconto e trascina al cambiamento un’umanità sbagliata, rianimandola con le sue arti migliori: la musica, la pittura, il teatro, la filosofia, la fotografia, la danza.

Mariam insegna che si può e si deve camminare “su pietre antiche” rispettandone il suono, la poesia e i profumi provenienti dalla cucina … di patate raganate, di agnello alla contadina, di baccalà a ciauredda.

Mariam è maliana e ammalia. Pur nella sua meravigliosa fisicità, di giovane donna dalla pelle color ebano, pare tuttavia eterea, musa di un nuovo stato sociale, di una repubblica delle arti che contempla il modernissimo nell’antico, simboleggia la proiezione verso il futuro che arricchisce le menti, alimenta le anime e le avvicina fra loro con le arti.

Craco è Desiderio, un immaginifico luogo, tra incanto e disincanto, dove tutto è armonia e dove tutti possono trovare un posto.

Craco è un luogo adatto agli uomini, agli artisti, all’amore e alla speranza. E’ dimora idilliaca di animi che vorrebbero sradicare radici malefiche (le aberrazioni politiche, il mercimonio di luoghi e territori meravigliosi, la decadenza della cultura e della comunicazione, l’oblio della creatività…) e sfuggire da un sistema di vita e di arte mediocre per ritrovare valori perduti e depredati.

“Qui si accendono nuovi fuochi, la cenere scomparirà”.

Certo, a Craco, come in ogni borgo che si rispetti, “molte cose sono vere e altre, moltissime, inventate”, tuttavia, attraversare la sua porta significa prendersi una pausa, fare una riflessione sui propri valori e su quelli della società.

Craco è un trionfo di sensi, di odori di cucina, di etnie e colori, di amore senza età e tabù che cresce nell’utopia di un idillio in cui tutti hanno voglia di risentirsi vivi come ‘vivo’ si sente Giuseppe.

A Craco tutto e tutti si ricompongono per amore e filosofia, come la mela di Carlotta e del Prof. Silvano, che ha il profumo delle arance siciliane e il colore giallo-oro delle mele del Trentino.

Il Blues di Mariam è un romanzo carico di etica e significati morali, dove arte e cultura possono e devono colmare il vuoto di valori dilagante nella società, nella politica e nella democrazia.

Un libro attraversato dalla speranza e da aneliti onirici che si perdono tra le viuzze e le taverne, tra i baci di Mariam e Giuseppe, tra i colori e le musiche rinnovati, tra le voci e i suoni che parlano lingue diverse, all’insegna di una semplicità perduta e alla ricerca di un lavoro che significhi vocazione.

Gianni Spinelli, ‘il giornalista che resta giornalista sempre’, ci regala una chicca letteraria che incanta, frutto dell’interminabile quarantena e di ‘una rottura globale, da nausea’. Da novello ‘Padre Eterno’ osa e affida ad una donna il ‘compito’ di creare e agli ‘uomini’ quello di distruggere: “Tu donna, sarai a mia immagine e somiglianza. E condurrai l’uomo sulla retta via, cambierai il mondo!”

Perché, anche il Padre Eterno è uno di noi e può rivedere le proprie idee e le proprie azioni per il bene dell’umanità; anche il Padre Eterno può concedersi una sosta alla taverna dove ‘mangi, fai l’amore e muori …’ .

Vale la pena fermarsi a Craco e con Mariam riappropriarsi dei sogni, tra un sipario e l’altro.

Recensione di Nunzia Cappucci

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