IL CACCIATORE DI AQUILONI, di Khaled Hosseini
Recensione 1
“Si dice che il tempo guarisca ogni ferita. Ma, per Amir, il passato è una bestia dai lunghi artigli, pronta a inseguirlo e a riacciuffarlo quando meno se lo aspetta. Sono trascorsi molti anni dal giorno in cui la vita del suo amico Hassan -il ragazzo dal viso di bambola, il cacciatore di aquiloni- è cambiata per sempre in un vicolo di Kabul…”
Ho ripreso in mano questo meraviglioso romanzo letto tanti anni fa che, ancora una volta, è stato capace di trascinarmi con emozione dentro quella storia lontana da me nel tempo e nello spazio.
Un racconto importante, di quelli che sanno guidare lungo la via che allontana dai pregiudizi per mostrare -ora con dolcezza, ora con crudeltà- una diversa chiave di accesso alle culture che non ci appartengono.
Inizialmente ambientato nella Kabul degli anni ’70 e con, sullo sfondo, la guerra in Afganistan poi, narra la storia di Amir e di Hassan, legati inesorabilmente dal destino da un filo che ricorda quello degli aquiloni di cui sono cacciatori, da bambini… che, una volta tagliato, segna la fine dell’infanzia e l’inizio di quella fase della vita dove si è chiamati, ogni giorno, a scegliere.
E ho pensato che è lì, in quel filo, fra l’al di qua e l’al di là del taglio, che trovano spazio le vite, le emozioni e le storie… in quel legame lacerato che, forse, non potrà mai spezzarsi.
Emozionante, coinvolgente… bello!
“Infilai la foto dove l’avevo trovata. Mi resi conto che quei pensieri non mi avevano ferito. Chiudendo la porta della stanza mi chiesi se quello fosse il modo in cui sboccia il perdono, non con le fanfare di una epifania, ma con il dolore che, nel cuore della notte, fa i bagagli e si allontana senza nemmeno avvisare.”
Recensione di Erika Polimeni
Recensione 2
E’ la storia di due ragazzini, Amir ed Hassan, che vivono la loro fanciullezza insieme nell’Afganistan prerivoluzionario e monarchico, in una netta divisione di ruoli, figlio del padrone e di etnia Pashtun uno, figlio del servo e di etnia Hazara l’altro e di come le loro vite, dopo essersi divisi, mutano rapidamente, al cambiare violento della società afgana ma non solo, per poi ricongiungersi, anche se per interposta persona, decenni dopo, riportando a galla verità nascoste e meschine menzogne.
Da una parte vediamo con gli occhi dei protagonisti e comprimari, uno scorcio di Afganistan che passa dalla Monarchia, al regime comunista per poi approdare alla Società teocratica talebana, dall’altro, attraverso le vicissitudini, le grandezze, le generosità ma anche le cose subdole e grette, narrate attraverso i due giovani, vediamo come la differenziazione sociale non separi in egual misura le qualità morali in base al censo.
In esso l’autore ci mostra un percorso di crescita e di come il protagonista, dopo aver fatto i conti con il passato ed essere diventato generoso come lo furono con lui, riuscirà a cancellare i sensi di colpa ed i rimorsi per ciò che non ha impedito e per ciò che ha commesso. In modo leggero e scorrevole, l’autore narra temi profondi quali l’abuso sui minori, l’amore profondo di cui sono capaci i fanciulli ma anche la loro miseria morale, il senso di colpa e l’incapacità di perdonare a se stessi prima che agli altri. Complessivamente un’ottima prova di esordio.
Recensione di Giuseppe Antonelli
Presente nelle 5 recensioni più cliccate ad Agosto2021
IL CACCIATORE DI AQUILONI Khaled Hosseini
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