IL CASO BRAMARD, di Davide Longo
Recensione 1
Corso Bramard ha smesso da vent’anni di fare il poliziotto; ora è un professore poco convinto ma in quegli anni era un giovane commissario, il migliore, sulle tracce di un serial killer che sequestrava le donne, ne decorava il corpo con strani disegni e poi le uccideva.
Tranne la prima, rimasta viva ma mai ripresasi. Tutto crolla quando il serial killer colpisce sua moglie e sua figlia: Bramard va fuori di testa, lascia la polizia, cade, si rialza faticosamente e pian piano si ricostruisce un simulacro di vita.
È da qua che iniziano i fatti raccontati dal libro: da alcune lettere ricevute, da un capello, da un (meraviglioso) libro di Kawabata, da un passato che vuole svelarsi e che costringe Bramard a guardarlo negli occhi.
Recensione di Elena Gerla
Recensione 2
Scappare lontano dal dolore.
È questo che Corso Bramard, ex commissario di polizia e oggi semplice professore, compie ogni giorno.
Si è rifugiato tra i monti del Roero nella vecchia casa di famiglia, rude e di poche parole, sfoga la sua rabbia scalando le montagne.
La fatica, il rischio e la solitudine che vive in quei luoghi, lo aiuta a non pensare alla tragedia che lo ha colpito anni prima.
Autunnale, il killer a cui dava la caccia e che gli uccise moglie e figlia, lo sfida da anni inviandogli lettere finché non commette un errore.
Bramard con l’aiuto dell’ispettore Arcadipane decide così che è arrivato il momento della resa dei conti.
Il romanzo è il primo di una trilogia che vede protagonisti Corso Bramard, il commissario Arcadipane e la poliziotta Isa.
Einaudi, in occasione dell’uscita del terzo della trilogia, ha ristampato questo che apre la serie.
La scrittura di Longo è molto particolare, lo stile è infatti molto diretto quasi colloquiale, non risparmia durante la storia narrata in terza persona, salti temporali tra passato e presente che a tratti possono disorientare cosi come l’uso che adotta di una certa terminologia troppo ricercata che quasi stona con la semplicità della storia stessa.
Per chi è alla ricerca di un thriller fatto di colpi di scena e suspense, direi di guardare altrove.
Quello che infatti leggiamo è un noir molto particolare.
Al centro della trama , un po’ vintage visto alcuni oggetti d’uso come il telefono a gettoni, il Tamarindo e la Olivetti 72, vi sono i personaggi con tutto il loro vissuto.
La storia passa quasi in secondo piano, è preponderante invece la descrizione delle personalità dei vari protagonisti che iniziamo a conoscere in questo primo libro della trilogia.
L’ambientazione della montagna con i suoi colori e i suoi profumi è essa stessa uno dei temi principali del romanzo.
Concordo con entrambe le recensioni: ottime atmosfere, ottima trama e interessante scrittura … però qualcuno può spiegarmi il finale: letto due volte ma non compreso!