IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI, di Italo Calvino
Leggere è come fare sesso: ci proviamo tutti ma da autodidatti. E i risultati sono quelli che sono.
In linea di principio la teoria sarebbe semplice. Prendi un libro, te lo squaderni davanti al naso, prendi qualche precauzione di sana profilassi (…silenzi il cellulare, ti assicuri che la tazza con la tisana bollente sia in condizioni stabili, etc) e il resto dovrebbe seguire naturalmente.
Ma tra il dire e il fare…
In realtà abbiamo la testa troppo infarcita di teorie e risonante di aspettative. Lo abbiamo visto fare in televisione da attori professionisti (…la lettura, intendo, sia in teatro che in televisione, e sembrava tutto così eccitante..). Ne abbiamo sentito sentenziare da illustri luminari. E anche a scuola c’era l’ora di educazione apposita: nella mia classe era l’ultima del sabato, in cui si leggevano ad alta voce i grandi classici. Amoreggiando per così dire coi grandi temi della modernità, in un petting sfrenato y adolescenziale.
A occhio e croce sembrava che tutti gli adulti sapessero farlo, anche quelli più male in arnese. Sapevano come si faceva e cosa ci voleva per trovarci senso e gusto. Solipsismo o onanismo intellettuale erano concetti prepuberali. Gli adulti leggevano eccome, tutti i giorni, più volte al giorno, dandosi reciproca soddisfazione in luoghi pubblici e privati.
Sembravano tutti così intelligenti, così appagati, ciascuno con la sua bella e spavalda opinione su questo o quel personaggio.
Conoscevano tutte le posizioni e le avevano provate e riprovate. Posizioni intellettuali, s’intende, di questo e di quell’altro autore.
Non poteva essere così difficile. Bastava solo trovare quello giusto (di romanzo) e la nostra love story narrativa sarebbe decollata.
Fortunatamente l’unico pericolo di gravidanza indesiderata era costituito da certi romanzi feuilleton, pensati apposta per arpionare le ragazze improvvide. O da qualche pensatore di malaffare, per i garçons.
Invece poi, lasciati soli nella selva della lettura individuale, ciascuno di noi mille volte ha smarrito la via. Si è ritrovato a vagare come Orlando nel bosco irto di rovi delle proprie idiosincrasie, dei propri limiti mentali, delle proprie paure incarnatesi in figure di draghi e cavalieri ostili.
Un classico è un classico perché oltre a narrarci una storia (e quello son capaci tutti a farlo, un po’ come calarsi i pantaloni) non tralascia mai di parlarci di noi-come-lettori. Di noi come avventurieri in cerca di verità metanarrative. Di noi come cavalieri erranti: inteso sia nel senso di colui che vaga ma anche di colui che, spesso e volentieri, sbaglia.
Con Calvino non sbagli mai. Bisogna giusto aver la voglia di prendersi la briga di leggere nel senso più profondo del termine.
Profondo come una selva, o le segrete di un castello. Complesso e multisfaccettato come un ordito di tarocchi.
IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI ☆ Italo Calvino
Recensione di Marcello Ferrara Corbari
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