IL COMPLOTTO CONTRO L’AMERICA, di Philip Roth
Questo è un romanzo distopico che ci narra una vicenda spaventosa del passato anziché del futuro, una vicenda immaginaria ma non così improbabile, anzi. Un po’ come un asteroide che è passato sfiorando la Terra: non ci ha colpiti, è vero, ma ci è mancato poco e , di fatto, questo ci mette in allerta su eventi simili che potrebbero capitare in futuro, con esiti magari ben diversi.
Nel 1940 il Presidente Roosevelt perde le elezioni e la Presidenza degli Stati Uniti passa a Lindbergh, eroe nazionale , fervido filonazista e antisemita: una catastrofe politica.
Linbergh (personaggio realmente esistito, la cui carriera politica – che trovate in appendice – ha avuto aspetti davvero inquietanti) fonda il suo successo , oltre che sul carisma personale, su messaggi semplici, pacati, pieni di decoro: “per ragioni che non sono americane i propagandisti della guerra (la razza ebraica) spingono gli Stati Uniti verso l’intervento. Non possiamo biasimarli se cercano di fare quello che credono i loro interessi, ma dobbiamo pensare anche ai nostri. Non possiamo permettere che le normali passioni e i pregiudizi degli altri popoli portino il nostro paese alla distruzione”
Come sempre l’abilità di Philip Roth di ricostruire quadri storici, è altissima. La scelta governativa di non intervenire in Europa e di stringere un patto di non belligeranza con Hitler, ha ripercussioni sociali allarmanti: le forze fasciste, antisemite, fin’ora relegate a minoranze più o meno occulte, trovano terreno fertile per uscire allo scoperto. Acquistano forza, legittimità .
La famiglia ebraica Roth, di Newark, scopre che l’America non è quella fortezza democratica inespugnabile che credeva, e inizia a fare i conti con la discriminazione, la paura, lo stato di polizia .
La forza di Roth, che i suoi estimatori ben conoscono, si esprime anche in questo romanzo in tutto il suo splendore e orrore. La Storia e l’Imprevisto accadono senza chiedere il permesso a nessuno, si infilano nella vita tranquilla di famiglie normali, decorose e amorevoli. La guerra e la violenza entrano in casa, come un abominio. Si percepisce l’impossibilità di solidi padri e madri di famiglia, di difendere la prole da influenze sociali e politiche, da cambiamenti generazionali iniqui, dai tranelli di vicende molto, molto più grandi di loro.
Roth in qualche modo rende tutto questo con una grandezza epica, classica. Le singole vicende diventano vicende universali. Inutile spiegarvi quanto io lo ami per questo, ma lo amo anche per i ritratti che egli fa delle singole figure protagoniste.
“un ragazzo tranquillo e coscienzioso le cui soddisfazioni provenivano dal flusso forte e regolare di una vita interiore che lo portava misuratamente dalla mattina alla sera e che, ai miei occhi, lo aveva sempre reso genuinamente superiore agli altri ragazzi della sua età”
“Monty era il più arrogante dei miei zii, cosa che probabilmente spiegava per quale motivo era anche il più ricco”
E poi c’è la figura straordinaria della madre, la cui grandezza e profondità lascia pieni di commozione, specialmente nell’ultimo capitolo. Io, che sono madre a mia volta, ho desiderato ardentemente di somigliarle.
Un’ultima riflessione la porrei sulla figura che appare costantemente sullo sfondo: Franklin Delano Roosevelt. L’uomo che risollevò gli Stati Uniti dalla crisi economica col celebre New Deal, l’uomo che (per ovvi motivi) promosse la ricerca sulla poliomielite accelerando la scoperta del vaccino… l’uomo della seconda guerra mondiale.
Mi sono sempre chiesta che cosa sarebbe accaduto se egli non fosse morto nell’aprile del 1945, lasciando il posto a Truman. Che scelta avrebbe preso rispetto all’atomica? Le cose sarebbero andate come poi sono andate?
Ma su questo nemmeno Roth ha saputo azzardare una risposta. La Storia è la Storia: “il terrore dell’imprevisto: ecco quello che la scienza della storia nasconde, trasformando un disastro in un’epopea”. Immenso.
Recensione di Nicoletta Tamanini
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