IL DESERTO DEI TARTARI, di Dino Buzzati
Recensione 1
Devo dire che raramente mi è capitato di leggere un libro così lento. Devo dire anche che si tratta di un libro molto bello, intenso e coinvolgente. Una splendida parodia della vita e del tempo che passa.
Ma andiamo per ordine. La storia è nota e, in fondo la trama è abbastanza semplice. Giovanni Drogo, appena nominato ufficiale, nella splendida vitalità dei suoi vent’anni, viene destinato alla Fortezza Bastiani, un lugubre avamposto militare di confine posto a presidio di un passo di montagna proprio davanti a uno sconfinato deserto da cui si teme possa arrivare il nemico invasore.
Drogo si trova catapultato in un mondo nemico e claustrofobico, fatto di rigidi e inutili protocolli militari e di rapporti formali e sospettosi fra i commilitoni, chiuso nel ridottissimo universo della fortezza. Drogo vuole andarsene subito ma viene convinto a restare per qualche tempo: una scelta del genere si ripercuoterà positivamente sulla sua carriera militare. In fondo è ancora giovanissimo: ha molto tempo davanti a sé.
Inizia qui una fase di progressiva e sorprendente identificazione di Drogo con la sua vita alla fortezza, con le sue regole e le sue abitudini. Il nostro protagonista si distacca dalla realtà esterna, la città d’origine, la madre, i fratelli e la ragazza che lo aspettava. Tutto questo gli diventa gradualmente estraneo. Il suo universo è ormai confinato ai turni di guardia, alle abitudini della vita militare, al semplice scorrere del tempo e delle stagioni. L’unica attesa è quella di un possibile arrivo del nemico, i Tartari appunto, che sembra si stiano organizzando per attaccare la fortezza. Un’occasione che tutti i militari aspettano con ansia per coprirsi di gloria. Va detto che il romanzo è inquadrato in un’epoca senza tempo e in un luogo immaginario. Quasi un’ambientazione favolistica. Siamo comunque in un’epoca dove l’unico mezzo di locomozione è il cavallo.
Nel ripetersi delle giornate sempre uguali a sé stesse il tempo scorre velocemente anzi sembra accelerare. Drogo invecchia e si trova a riflettere sulla sua vita. Non ha creato una sua famiglia, non ha dei figli, le rarissime licenze presso la sua città di origine lo trasportano in un mondo ormai ostile dove i vecchi amici quasi neanche lo salutano. Il tempo ora corre velocissimo. Drogo è vecchio e malato e verrà disposto il suo trasferimento forzato proprio mentre finalmente i Tartari stanno attaccando. Sfuma amaramente l’occasione di tutta una vita.
Queste poche righe non hanno la pretesa di raccontare il libro quanto piuttosto di darne una prima idea. Ci ho visto una splendida e malinconica allegoria del tempo che passa e delle occasioni perdute. Viene indagata abilmente la innata capacità dell’uomo di abituarsi a ogni tipo di realtà che gli si presenti e di intrecciare la propria vita e anche la propria sopravvivenza con situazioni anche molto difficili. C’è anche un monito a considerare quanto le abitudini possano essere infide e pericolose. C’è la suggestione affascinante e incomprensibile del tempo che scorre e che porta via le nostre vite.
Un romanzo di rara eleganza e di grande capacità evocativa.
Recensione di Stefano Benucci
Recensione 2
Ho conosciuto Buzzati con Un amore, romanzo che ho apprezzato per diversi motivi.
Il deserto dei Tartari narra di un giovane tenente, Giovanni Drogo, che lascia la casa in città e prende servizio nella Fortezza Bastiani, lontana da ogni centro abitato, situata tra le montagne e confinante con il deserto. Non sono riuscita a collocare il racconto nel tempo e nello spazio.
Già presenti due elementi che non mi affascinano in modo particolare: la vita militare e il deserto. Proseguo la lettura in attesa di qualcosa, una qualsiasi cosa, perché davvero la vita in Fortezza è monotona e abitudinaria e non succede mai niente.
Ed è proprio l’attesa il tema centrale del romanzo (l’attesa era presente anche in Un amore), anzi, forse questo è il romanzo di Buzzati che esplica nel miglior modo il senso di perenne attesa e del tempo che passa inesorabile.
Perché la vita in Fortezza procede sempre come se dovessero prepararsi a qualcosa di eclatante? Perché nessuno o pochissimi riescono ad andare via trasferendosi altrove? Cos’è che li intrappola lì dentro, fuori dalla realtà? Cosa aspettano i maggiori, i tenenti e i soldati tutti? Aspettano il ritorno dei Tartari e, con essi, una nuova minaccia di guerra.
A Drogo sembrano tutti ammattiti e invece, col passare degli anni, anche lui resta invischiato in quella vita e, refrattario al tempo che trascorre inesorabile e spietato, aspetta anche lui qualcosa, i Tartari, la guerra, un cambiamento.
Finalmente, un giorno accade che..
L’epilogo è molto triste: Giovanni Drogo, dopo trent’anni di attese e di speranze, conosce la solitudine, la rabbia, il dolore, la delusione, la tristezza, la paura.
Terminata la lettura, le mie riflessioni volgono al tempo che passa inesorabilmente a nostro dispetto e, a volte, a nostra insaputa, al senso di solitudine che proviamo in alcune circostanze, al sogno di gloria di ognuno di noi che si manifesta col desiderio di vedere avanzare un nemico per dimostrare il proprio eroismo, alla speranza che, forse, diventa illusione.
Suggerisco il libro ai lettori più riflessivi e pazienti; io, di sicuro, non lo rileggerò.
Recensione di Giulia Ciarcià
IL DESERTO DEI TARTARI, di Dino Buzzati
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