IL DIARIO DI BRIDGET JONES, di Helen Fielding
Cosa rimane dopo un quarto di secolo di un best seller da milioni di copie e trasformato anche in film di altrettanto grande successo?
A volte un semplice tanto rumore per nulla, in altri casi qualcosa rimane e questo mi sembra il caso del diario a cui anche i critici più arcigni non possono negare la creazione di un personaggio che almeno di nome conosce anche chi non ha letto il libro, né visto il film. Per me l’incontro con la Bridget letteraria è stato favorito anche se con un quarto di secolo di ritardo da Santa Jane Austen che in questo periodo è al centro delle mie letture e visioni. Leggendo un articolo sulla miniserie anni novanta della BBC di’ Orgoglio e pregiudizio’ vengo a sapere che la Fielding aveva insistito per avere nell’adattamento cinematografico del diario Colin Firth che in quegli anni in Gran Bretagna era il Mr.Darcy per eccellenza e lei sosteneva che mentre immaginava il suo Mark Darcy a lui pensava e così mi ricordo di aver trovato su una bancarella una copia del romanzo (di quelle con la copertina rigida e la sovraccoperta che evito di acquistare a prezzo pieno) e di averlo poi lasciato in lista d’attesa per anni, nel frattempo del film il ricordo è sempre più sbiadito e quindi la lettura è una totale incognita ma bastano poche pagine e la scelta della struttura diaristica con la
narrazione in prima persona che amo nella narrativa (quasi obbligata per un diario forse neanche Cesare avrebbe scritto della sua quotidianità in terza persona) mi conquista immediatamente e il personaggio Bridget si rivela molto più arguto del previsto (la Fielding aveva iniziato a scrivere su di lei degli articoli per ‘ The Independent’ e ‘ The Daily Telegraph’ e sulla scia del successo aveva progettato il romanzo vero e proprio) così come tutti gli altri personaggi, le amiche e gli amici, i parenti, i conoscenti e su tutte la madre dalla fortissima e invadente personalità (la Fielding dedicando il libro alla sua vera genitrice ha sottolineato che per sua fortuna è totalmente diversa). Non dirò nulla della trama che immagino sia abbastanza nota, una giovane donna in carriera di trenta anni circa e la sua quotidiana lotta con la bilancia, le sigarette, gli alcolici e la ricerca del proprio Mr.Darcy. Ovviamente il libro non è un capolavoro ma comunque è considerato almeno uno degli iniziatori di un vero e proprio genere letterario post moderno, ‘literary chick’ che in italiano potrebbe essere reso come libri per ragazze ma in originale c’ è l’allusione alle’ pollastrelle’ e soprattutto regala a chi legge intrattenimento non banale e qualche sana risata.
Un altro motivo di grande interesse per me sono stati i tanti riferimenti alla cultura pop inglese che non sempre sarebbero stati totalmente comprensibili al lettore non anglosassone all’ epoca della prima pubblicazione (1996)ma grazie a internet oggi in un baleno si può scoprire che’ Appuntamento al buio’ uno dei programmi televisivi preferiti di Bridget non è altro che il nostro ‘ Gioco delle coppie'( il format era di un americano che aveva creato tanti programmi – gioco fra cui l’ originale della ‘ Corrida’) che Cilla Black era una cantante, attrice , presentatrice che aveva cantato anche una versione inglese di un successo di Gino Paoli e che Michael Howard era un politico inglese irreprensibile nella vita pubblica come farfallone in quella privata… anche in Inghilterra se possibile si faceva ma non si diceva…al massimo lo si scriveva.
Commenta per primo