IL DOSSIER WUHAN, di Qiu Xialong (Marsilio – settembre 2023)
Sono passati diversi anni da quando avevo letto vari libri di questo scrittore cinese, che da oltre trent’anni vive negli Stati Uniti, che ha scritto vari gialli ambientati nella sua terra di origine e che vedono come protagonista l’ispettore della polizia di Shanghai Chen Cao, una specie di alter ego dell’autore, un uomo colto, poeta e traduttore, con la passione per la buona cucina, che per diversi anni è stato a capo di una squadra speciale che seguiva i casi politicamente più sensibili.
Ho avuto così la possibilità di conoscere luci ed ombre della società cinese, perché questo autore inserisce le sue storie nel contesto culturale e storico della Cina del periodo successivo alla rivoluzione culturale, in cui le persone dovevano muoversi all’interno dei cambiamenti connessi alla transizione cinese al capitalismo; e così, in una mescolanza di tradizione e innovazione, accanto alle persone che all’alba praticano il tai chi nei parchi ed agli operai che si devono accontentare di una ciotola di riso, ritroviamo nuovi imprenditori spregiudicati, proprietari di nights, giovani studentesse che arrotondano i loro introiti facendo le “piccole segretarie” di personaggi che contano oppure le entraineuse nei locali notturni.
In questo contesto il nostro ispettore si caratterizza per essere un personaggio contraddittorio – come contraddittoria è la società in cui opera- che deve muoversi con cautela e portare avanti le sue indagini mantenendo intatto il suo animo di uomo giusto, con grande senso di equilibrio, senza farsi corrompere anche se talvolta deve scendere a compromessi per non disattendere le direttive del Partito e mantenere sicura la sua posizione di valido investigatore.
Questo suo ultimo libro è però qualcosa di più perché la critica della politica del Partito diventa una vera e propria denuncia. Non è un caso che qui troviamo Chen Cao, caduto in disgrazia ed ormai ex ispettore capo, in licenza di convalescenza impostagli per metterlo da parte, di fronte al dramma della pandemia da Covid che partita da Wuhan si sta diffondendo in modo incontrollato ed anche a Shanghai ormai vige l’obbligo di rimanere in casa e di spostarsi solo previa autorizzazione. Le vicende che i suoi amici di Wuhan descrivono a Chen richiama le atmosfere di 1984 di Orwell, con una cappa di sorveglianza e repressione che invece che circoscrivere l’epidemia crea situazioni insopportabili e pericolosissime per la sopravvivenza stessa delle persone.
Chen Cao, mentre si impegna a tradurre segretamente in inglese quello che viene definito il dossier Wuhan, viene coinvolto come consulente esterno della squadra investigativa che deve indagare sulla morte di tre persone legate all’importante ospedale Renji. Aiutato dalla preziosa piccola segretaria Jin, a cui è legato da un sentimento amoroso, riuscirà a venire a capo delle cause delle morti anche se poi il Partito farà circolare una verità alternativa “ più consona “ al cosiddetto quadro d’insieme.
Ma il dossier Wuhan vedrà la luce e svelerà, seppure all’estero, la condizione di repressione e controllo a cui sono stati sottoposti i cinesi con l’alibi della pandemia, perché per la prima volta Chen Cao non si sente allineato alla volontà politica del governo e decide di dare voce alle sofferenze della sua gente. Anche negli altri libri che avevo letto a suo tempo, non mancavano critiche al sistema ed alla società cinese ma questo è senz’altro il più politico ed interessante dei libri di Qiu Xialong.
Recensione di Ale Fortebraccio
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