IL DUCA, di Matteo Melchiorre (Einaudi – giugno 2022)
Questo libro che ho appena finito di leggere ha suscitato in me sensazioni contrastanti perché è proprio grande il divario tra le riflessioni del protagonista, che si concentrano sul potere degli uomini, e la forza della natura che piano piano si riprende i suoi spazi- del bosco, del vento e dell’acqua, che con forza possono arrivare a devastare tutto- ma anche con il suo potere benefico di riconciliazione. E così da un lato si ha un protagonista, il Duca, l’ultimo dei Cimamonte, che si è ritirato a vivere nella villa della sua famiglia, in Vallorgana, in un piccolo paesino isolato di montagna e che qui vive tra il fascino della Montagna, i lavori manuali che una simile situazione richiedono e lo studio delle vecchie carte riposte in uno studiolo con cui cerca di approfondire la storia della sua famiglia; c’è poi il paese di Vallorgana dove domina la figura di un vecchio, Mario Fastreda , un uomo che si è fatto da sé, che ad un certo punto comincia a sfidarlo, sconfinando nel suo terreno e facendo abbattere un bel po’ di alberi, sostanzialmente contestando i vecchi confini e rivendicando il possesso di una parte di bosco.
Ma il nostro Duca si impunta, forse anche perché intuisce che dietro lo sconfinamento c’è altro, una specie di odio, e si contrappone a quello che ritiene un abuso lasciandosi coinvolgere in una forma di assurda lotta di potere. E qui inizia tutta una serie di riflessioni sul senso della nobiltà e del potere del sangue, che per certi versi sconvolge la vita del giovane che sino ad allora aveva vissuto tranquillamente, attirandolo in una lotta di potere che mette in atto ma che tuttavia lo fa anche entrare in crisi con se stesso.
Un libro profondo in cui le contraddizioni della vita sono di casa, un libro di forti sentimenti in cui si inserisce una ricerca del proprio ed altrui passato, una indagine su quanto significano le proprie radici, le proprie origini e quanto e come ci si possa affrancare da esse; ma c’è anche un elogio della natura, di quanto possa essere bella e ristoratrice ma anche temibile quando scatena tutta la sua forza. Con una scrittura colta e ricercata, per certi versi facendo proprio il modo di parlare e di pensare di un nobile, Matteo Melchiorre mette a punto una storia che coinvolge il lettore facendolo riflettere sul significato della libertà di scelta, sul senso della vita e sul rapporto tra uomo e natura: «Eccolo. Questo è il luogo. Vallorgàna.
Ed è uno di quei luoghi, e se nel mondo siano tanti o pochi non saprei, che sono cani e sacri al tempo stesso, i quali, una volta che se ne sia vinta l’ostilità naturale, hanno la forza inspiegabile di possedere loro le persone, e non viceversa. Luoghi simili hanno una natura gelosa. Pretendono una fedeltà totale. E cosa danno in cambio? Una libertà maiuscola magari, ma arrivarci sarà forse un calvario. Tu non puoi sapere se chi resta abbia vinto o abbia perso. Sai però che questo luogo ti ha preso: il che significa che gli appartieni e, paradosso, che ti appartiene. Deve essere una specie di fusione, di con-fusione se preferisci. E se alcuni, com’è evidente, non avvertono minimamente questo bisogno di con-fondersi in un luogo, e ciò nonostante, o forse proprio per questo, vivono beati, altri, che il luogo vorrebbero invece trovarlo, girano tutta una vita come dispersi e infelici, cercando sempre senza trovare mai.»
Ha il sapore dei grandi classici e apre al desiderio di rileggerli. A me ha ricordato in modo particolare D’Annunzio, per le immagini che è riuscito a farmi vedere con grande chiarezza, per i toni e anche per il linguaggio.
Le atmosfere sono splendide e suggestive, è come trovarsi davanti alle grandi opere artistiche del Romanticismo, non saprei dirlo altrimenti.
Il Duca è un personaggio che ci conduce nel suo passato e che ci lascia intendere che il presente ne sia schiavo, ma sarà veramente così? O tutto potrà essere stravolto?
Ciò che ho più apprezzato è proprio l’incapacità per il lettore di intuire come evolverà l’opera, praticamente impossibile prevedere ciò che accadrà e per me è fondamentale quando leggo un libro che ci sia l’effetto sorpresa, altrimenti perdo un po’ il piacere della scoperta che invece dovrebbe proprio essere alla base di ogni lettura. Come faccio ogni volta in cui desidero che leggiate un libro non vi dico di più. Per me che avevo deciso di chiudere con gli Einaudi dopo le molteplici delusioni è servito anche a dare un’altra chance alla casa editrice (impeccabile da sempre per le opere teatrali, giusto per dare a Cesare quel che è di Cesare).
Recensione di Lucrezia Centonze
IL DUCA, di Matteo Melchiorre (Einaudi – giugno 2022)
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