IL GIARDINIERE DI WIIMBLEDON Jane Crilly 

IL GIARDINIERE DI WIIMBLEDON, di Jane Crilly (Feltrinelli – luglio 2024)

“Chi può cambiare le regole?” domandai. “Chi?”

“Il tempo,” rispose.

“Dobbiamo solo essere pazienti.”

Compro questo libro nella libreria dell’aeroporto di rientro da Verona. Mi colpisce la copertina: semplice ma efficace, almeno al mio sguardo. E decido, seguendo l’istinto, di comprarlo. Lo leggo con molta curiosità e lo divoro.

Una giornalista che cerca la sua strada, oltre che vivere dignitosamente con il suo lavoro, si trova ad intervistare Henry Evans, un uomo che è andato in pensione dopo cinquant’anni dedicati al prato di Wimbledon. Evans, figlio d’arte, era un giardiniere, un uomo preciso e appassionato che ha dedicato la sua vita a “servire” il campo da tennis, a curarlo, a cercare sempre la perfezione.

Un amore profondo quello per il tennis, pur non avendo mai giocato.

La giornalista e il giardiniere si incontrano per parlare di una vita lavorativa e si trovano a parlare d’amore.

Henry Evas è l’ultimo dei romantici e lascia al lettore una storia d’amore molto delicata quanto forte e intensa.

Una storia d’altri tempi.

Ed ecco che un campo da tennis con le sue racchette, servizi e palle diventa metafora di vita in cui al di là della tecnica con cui si gioca alla fine il caso è sempre il terzo giocatore invisibile ma fondamentale…

La Crilly ha una penna molto raffinata e delicata, scrive pagine molto belle che si leggono d’un fiato e con estrema chiarezza ci parla di adolescenti, di primi amori, di classi sociali (molto belle le pagine in cui lo “scontro” sociale disturba, appare lontano eppure cosi profondamente attuale), di guerra, di pazienza,  di passione, di attese, di famiglia, di destino, di valori e consegna una storia che appassiona…fino alle struggenti ultime pagine.

Lo consiglio ai romantici, a chi ama le storie in cui si può sognare, a chi ama le storie d’amore…al netto del lieto fine o meno.

Con grande entusiasmo prendo una palla in mano, alzo la racchetta e la lancio ai lettori.

Recensione di Maria Elena Bianco

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