IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI Giorgio Bassani

IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI, di Giorgio Bassani

Recensione 1

IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI, di Giorgio Bassani

 

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Un romanzo sulla memoria, un romanzo di memoria: così si può definire il capolavoro dello scrittore ferrarese, una delle penne migliori del Novecento italiano, che propongo oggi nel mio consueto consiglio di lettura.

Ne Il giardino dei Finzi Contini, un anonimo narratore ripercorre gli anni della sua adolescenza e dei suoi studi universitari; al centro della trama, le vicende di una ricca famiglia di religione ebraica di Ferrara e l’amore, non corrisposto, del protagonista per la figlia del professore Ermanno.

Con grande abilità, Bassanifa emergere la storia dei personaggi dallo sfondo storico della prima metà del secolo XX, con l’avvento del fascismo, le leggi razziali, la guerra; la narrazione si interrompe, quasi bruscamente, dopo un brevissimo epilogo, espediente narrativo che evoca l’immagine della morte improvvisa e del dolore che toglie la parola.

Una trama lineare e semplice sorregge un romanzo la cui forza sta nella caratterizzazione dei personaggi, dal saggio padre del ragazzo, all’austero professore fino alle figure centrali del timido protagonista e dell’enigmatica Micol, e nella capacità dell’autore di descrivere il fascino che questa ragazza curiosa e insofferente esercita sul giovane che la percepisce come inarrivabile, a causa della differenza di censo e di carattere.

 

 

La struggente malinconia, venata di rimpianto, che i ricordi evocano pervade tutta la scrittura di Bassani, che racconta questa storia di crescita e formazione con la nostalgia di chi ripensi a un paradiso irrimediabilmente perduto e non di rado traspare l’amarezza, quando deve raccontare le pagine più nere della Storia dell’umanità, che inesorabilmente attraversano il destino dei personaggi. Il protagonista, lo rivela presto lo stesso narratore, sarà l’unico a salvarsi dalla tragedia delle leggi razziali e dalla guerra, ma quell’esperienza lo segnerà comunque in modo indelebile.

Sobrio, elegante e ispirato, Il Giardino dei Finzi Contini è un capolavoro della letteratura italiana e, se non l’avete letto, vi consiglio di recuperarlo.

Recensione di Valentina Leoni

 

Recensione 2

La scrittura ricercata e incline al liricismo sottolinea il presagio di morte.

Leggendo a voce alta ogni singolo capitolo, ho avuto la percezione che gli avvenimenti, i dialoghi fossero compiuti da fantasmi: una sensazione atroce.

 

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Il presagio di morte è ravvisato nell’apparente pacatezza, rassegnazione dolorosa di una catastrofe tanto inspiegabile quanto imminente.

I protagonisti, Albert e Micòl Finzi Contini, vivono nella “magma domus” come se il tempo si fosse congelato fra le Mura degli Angeli e il Barchetto del Duca, ove, pur nella lucida consapevolezza dei tragici eventi, trascorrono le giornate “au vert paradis des amours enfantines”.

E, nell’epoca di una follia collettiva che non ha eguali, le figure si stagliano alte nel nebuloso destino, in una disperazione senza appelli.

Ruotano altezzosi i due giovani, nel pianto dei loro genitori e nella voce e nelle emozioni di un io narrate che è anche attore e testimone delle vicende, incerte nel loro cammino verso il buio.

E che tristezza percepire la follia di un mondo che condannerà alla morte milioni di vite innocenti e avere la consapevolezza di non poter far altro che assistere inerti a questo incomprensibile orrore.

 

 

Cristallizzata nel delicato luccichio opalescente dei “làttimi”, cari a Micól, la nostalgica rievocazione del passato, da parte dell’io narrante, diventa passaggio narcotizzante e evanescente di ricordi dolcemente dolorosi e di assurde speranze.

Ogni passaggio suscita raccapriccio e pena indicibile. L’ illusione che nulla in sostanza è cambiato, sebbene il mutamento logico del tempo, prelude a uno spettacolo futuro straziante oltre ogni immaginazione.

Il lettore diventa inconsapevole spettatore, clandestino, di una rappresentazione soavemente adagiata in un presente dalle “molli piume” ma inesorabilmente scaraventata in un futuro di angoscia e afflizione.

E negli ultimi capitoli, fra i dialoghi e lo spettro dei campi di concentramento, il grido sommesso di tutta una generazione condannata dalla storia a portare sulle spalle, senza possibilità di conciliazione , o la responsabilità del carnefice o la croce del sacrificato.

 

 

“Guardavo in giro ad uno ad uno zii e cugini, gran parte dei quali di lì a qualche anno sarebbero stati inghiottiti dai forni crematori tedeschi, e certo non lo immaginavamo che sarebbero finiti così, né io stesso lo immaginavo, ma ciò nondimeno già allora, quella sera, anche se li vedevo tanto insignificanti nei loro poveri visi sormontati da cappellucci borghesi o incorniciati dalle borghesi permanenti, anche se li sapevo tanto ottusi di mente, tanto disadattati a valutare la reale portata dell’oggi e a leggere nel domani, già allora mi apparivano avvolti della stessa aurea di misteriosa fatalità statuaria che li avvolge adesso, nella memoria”

Recensione di Patrizia Zara

 

Recensione 3

 

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Nella tomba monumentale presso il cimitero di Ferrara, destinata a accogliere le spoglie mortali dei Finzi Contini, riposa solo Alberto, fratello di Micòl e figlio di Ermanno e Olga. Del grande giardino appartenuto alla ricca famiglia ebrea, dove il protagonista narrante trascorreva i pomeriggi dei suoi vent’anni giocando a tennis, dove discuteva con “il” Malnate di poesia e politica e dove, anno dopo anno, si innamorava sempre di più di Micòl, di quel magnifico giardino resta poco: vegetazione incolta e ricordi dolorosi.

Tutto il racconto, che appare concentrato sull’amore (non corrisposto) del protagonista per Micòl, ci conduce in realtà, lento e inesorabile, verso la Tragedia. I protagonisti trascorrono le giornate presi dalle loro cose, il mondo che impazzisce in quegli anni Trenta è solo un rumore di fondo, l’allontanamento dal circolo tennis solo un episodio sgradevole.

Viene voglia di prenderli per le spalle, scuoterli e dire loro: “Ma non vedi che stai procedendo serenamente verso il baratro, che mentre ti disperi per amore, (il protagonista, ma anche Alberto), mentre attacchi il decadentismo della letteratura contemporanea italiana o il trattamento degli operai (il Malnate) o mentre cerchi te stessa, c’è chi ha già cancellato il tuo futuro, chi sta concretizzando il Male Assoluto?”.

 

Ma poi penso che debba essere proprio così, come racconta Bassani, mentre ci sei dentro non ti rendi conto, stai facendo la Storia ma non hai gli strumenti per capirla, figurati se puoi combatterla. E allora, se sai farlo, la racconti quando è già passata, sperando che serva agli altri. Forse è anche questo che fa di un libro un Classico.

“Nella vita, se uno vuole capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e resuscitare. Capire da vecchi è brutto, molto più brutto, come si fa? non c’è più tempo per ricominciare da zero “

Recensione di Elena Gerla

Titolo presente in Un Libro in un Tweet  e nei 5 Titoli per il giorno della memoria  

 

IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI Giorgio Bassani

 

 

 

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