IL GIGANTE SEPOLTO, di Kazuo Ishiguro (Einaudi)
È un’opera che, attraverso il genere fantasy, affronta questioni universali legate alla memoria, all’oblio, al perdono e alla difficile convivenza tra culture diverse. Ambientato in un’Inghilterra fantastica, con note apocalittiche, il romanzo segue Axl e Beatrice, una coppia sposata di anziani, nel loro viaggio alla ricerca del figlio. Protagonista del racconto è il senso di smarrimento che accompagna tutti i personaggi, dovuto a una misteriosa nebbia che avvolge la memoria degli abitanti, lasciandoli in un limbo di ricordi sfumati.
La nebbia onnipresente che circonda i personaggi simboleggia un oblio collettivo che consente ai Britanni e ai Sassoni di convivere senza conflitti, cancellando le brutalità del passato. Questo ci offre un primo spunto di riflessione: è preferibile conservare la memoria storica, con tutto il dolore che comporta, o lasciarla svanire per vivere serenamente? Il romanzo indaga l’equilibrio fragile tra la pace apparente e la perdita di identità, sollevando interrogativi sul significato del ricordare.
Il viaggio di Axl e Beatrice rappresenta anche una riscoperta della loro relazione: Nel recupero dei ricordi emergono ferite e tensioni che mettono alla prova il loro legame. Ishiguro ci suggerisce che l’amore vero implica l’accettazione e il perdono reciproco, affrontando insieme le imperfezioni e le difficoltà che il passato ha lasciato in eredità.
Il rischio che la rimozione della nebbia riaccenda antichi rancori è sempre presente, sia tra Sassoni e Britanni, sia tra i personaggi del romanzo. Viene posto l’accento sulla natura ciclica della violenza e sulla difficoltà di costruire una convivenza duratura se le ferite del passato non vengono guarite e affrontate.
Il “gigante sepolto” del titolo rappresenta i traumi e i ricordi che, pur nascosti, possono sempre riemergere e influenzare il presente. Esso offre una riflessione profonda sulla necessità di confrontarsi con il passato per poter vivere un futuro più autentico e consapevole.
Ishiguro, in quest’opera, seppure non all’altezza dei suoi capolavori, (a mio parere: “Non lasciarmi” e “Quel che resta del giorno”) fornisce uno spunto per una riflessione profonda sulla memoria, il perdono e le dinamiche che legano le comunità umane, interrogandosi su ciò che ci rende davvero liberi e in pace con noi stessi e con gli altri.
Di seguito, cinque estratti:
“Ora che ci penso, Axl, forse c’è del vero in quello che ripeti spesso. È strano come il mondo dimentichi persone e cose che erano qui soltanto ieri, o l’altro ieri. E come se una malattia si fosse abbattuta su di noi.”
“Si, Axl. E d’altra parte mi chiedo se quel che abbiamo oggi nel cuore non somigli alle gocce di pioggia che continuano a caderci sulla testa dalla chioma grondante di quest’albero, anche se dal cielo ormai non piove più. Mi chiedo se, senza ricordi, il nostro amore non sia destinato a morire sbiadendo a poco a poco.”
“Non era così forse anche colei che a volte mi torna alla memoria, quando dinanzi a me si dispiega deserta e solitaria tutta la terra che potrò coprire viaggiando in un tetro giorno d’autunno? Non era una bellezza, ma per me attraente quanto basta. La vidi una volta appena di sfuggita, quando ero ragazzo, e non saprei nemmeno dire se le rivolsi la parola. Eppure, torna di quando in quando nell’occhio della mente, e credo mi abbia fatto visita nel sonno, perché sovente, al risveglio, provo una misteriosa contentezza mentre già i sogni si dissolvono lontano.”
“Non posso sapere con certezza cosa abbia detto lei, perché anche tra due persone come noi tante cose restano confinate nel silenzio.”
“Il gigante, finora ben sepolto, adesso si risveglia. Non appena sarà desto, perché tra poco lo sarà, i legami di amicizia tra noi saranno esili come i nodi che le fanciulle stringono sugli steli di piccoli fiori.”
Recensione di Marcello Baio
QUEL CHE RESTA DEL GIORNO kazuo Ishiguro
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