IL GIOVANE HOLDEN, di J. D. Salinger
Recensione 1
Ecco un libro davvero interessante. A volte appena un po’ troppo lento, del resto non è certo un thriller. Eppure è avvincente e non manca certo di ritmo.
Holden, adolescente newyorchese, si racconta in prima persona in una specie di lunghissimo monologo che descrive alcuni giorni vissuti in un recente passato. Si tratta di 3-4 giorni descritti dettagliatamente un una unica, lunga, sequenza.
Holden viene espulso dal college per scarso rendimento, e non è la prima volta. È preoccupato per le reazioni che avranno i suoi genitori ma in fondo non gli dispiace di rompere i legami con quell’ambiente che non ha mai sentito suo. Saluta qualche professore e qualche compagno; decide quindi di tornare a New York anticipando il previsto rientro natalizio a casa. Nel giro di pochi giorni, dopo il Natale, i genitori saranno comunque informati della spiacevole novità ma Holden vuole dilatare questo periodo di attesa e una volta tornato nella grande metropoli non si dirige subito verso casa ma vive un paio di notti brave tra ambienti più o meno equivoci e fuggevoli contatti con vecchi amici. Non mancano situazioni avventurose e imbarazzanti.
I dialoghi sono perfetti, il racconto è sempre filante, la narrazione è sempre elegante e ironica.
Questa è una sintesi estrema. In realtà il libro è complesso e profondo ed esplora dettagliatamente le riflessioni adolescenziali di Holden su una infinita serie di tematiche e la sua visione del mondo che lo aspetta fuori.
Holden è di fronte ad un momento fondamentale della sua vita, un vero bivio da cui dipenderà tutto il resto e lui lo sa benissimo ma è tutto così complicato a partire dal rapporto con professori, genitori ed anche con i suoi coetanei e compagni di college. Holden odia l’ipocrisia ma non fa altro che dire bugie. Holden è in piena tempesta ormonale ma sesso e sentimenti sono qualcosa di molto complicato. Holden cerca una sua dimensione e la risposta a mille domande difficili ma quasi mai riesce a darsi una risposta esaustiva,
Holden passeggia per Central Park e si chiede dove vanno le anatre del laghetto che d’inverno congela. Le portano via con un camion o volano via per conto proprio? E’ un po’ questa la sintesi della personalità di Holden, un po’ uomo e un po’ bambino: pare di vederlo, col suo berretto rosso, che si allontana, di spalle, sui prati di Central Park in un’alba fredda e brumosa assorto nei suoi pensieri.
Buona fortuna Holden, anche se non ti piace sentirtelo dire, e buona fortuna a quei milioni di ragazzi che come te si trovano inevitabilmente a dover salire la difficile scala della vita che in questo punto è un po’ più ripida.
Leggetelo è molto bello!
Recensione di Stefano Benucci
Recensione 2
Incipit:
“…Gin a body meet a body
Coming through the rye;
Gin a body kiss a body,
Need a body cry?…”“…Se una persona incontra una persona
che viene attraverso la segale;
se una persona bacia una persona,
deve una persona piangere?…”
Vi sono delle opere, in ogni campo artistico, che fanno da spartiacque.
Vi è un prima ed un dopo.
“The catcher in the rye” (titolo originale intraducibile in italiano), è un libro non solo di formazione.
Ma è un libro rivoluzionario: nel linguaggio, nelle tematiche e nel modo di approcciarsi al lettore.
Chiaro che un ragazzo contemporaneo, si faccia quattro risate nel leggere alcuni di questi contenuti. Tantomeno ritenerli rivoluzionari.
Ma a cavallo dei primi anni 50 erano sconvolgenti, innovativi, profetici.
Se non ricordo male, in circa settant’anni, se ne sono venduti circa cento milioni di copie (e continuano a vendersene, in media, 300mila l’anno).
Il giovane Holden Caulfield è quello che la società benpensante dell’epoca, definiva un “disadattato”, uno che si pone continuamente “perché”.
E’ uno che non si accontenta di essere “inquadrato” in una società che chiede obbedienza in cambio di una prigione dorata (perché, in effetti, ad Holden Caulfield non manca nulla: è un privilegiato).
E’ un irrequieto che si pone domande: le stesse domande che si porranno, di li a qualche anno, la moltitudine di ragazzi che, in tutto il mondo, daranno luogo al ’68. E’ il personaggio cui faranno riferimento quasi tutti gli esponenti della cosiddetta “beat generation”.
A cui si ispireranno molti artisti e musicisti, di li a venire (da Dylan, dai Rolling stones e dagli stessi Beatles).
E’ un precursore dei tempi…è uno che cerca modi per uscire dall’angoscia, dal “male di vivere”.
Forse, per capire meglio il romanzo di Holden Caufield, avrebbe potuto darci una mano il titolo originale: “the catcher in the rye”.
Nel libro se ne parla, quasi di sfuggita, tra i capitoli XVI e XVII: “…Io mi avvicinai per sentire che cosa cantava. Cantava quella canzone: “Se scendi tra i campi di segale, e ti prende al volo qualcuno” …”. Ecco cosa vorrebbe fare, in realtà, Holden più di ogni altra cosa al mondo.
Vorrebbe fare il “catcher in the rye”…
Il cacciatore nelle segale. Il catcher, nel baseball, è un ruolo importante.
E’ il baluardo difensivo.
Colui che si occupa di proteggere la squadra ed il lanciatore. E’ quello tutto bardato dietro la base, per intenderci. L’ultima linea di difesa…
Ed infatti lui immagina di essere il “catcher” in un enorme campo di segale alla cui fine c’è un profondo burrone. E la partita viene giocata da un numero enorme di ragazzini.
E tutti, indistintamente, non fanno altro che correre verso quel dirupo…verso morte certa.
Le segale alte non fanno altro che nascondere, ulteriormente, il pericolo.
Holden si ritaglia il compito di salvarli, “afferrandoli al volo prima che precipitino”.
Lui, cacciatore nelle segale, che conosce il pericolo, salverà tutti quei bambini inconsapevoli di quello che stanno facendo.
Questo vorrebbe fare Holden: salvare gli innocenti.
Vorrebbe essere colui che salva i bambini, afferrandoli un attimo prima che cadano nel burrone, mentre giocano in un campo di segale. Colui che salva i deboli e gli innocenti.
Ma chi salverà Holden Caulfield ???
Il titolo è tratto da una canzone scozzese, la cui strofa ho inserito nell’incipit.
Vi sarebbero molte altre cose da dire e da aggiungere: dalla figura saggia della sorella, ai genitori evanescenti, ai licei “filistei” ed ai professori “maggiordomi” del sistema, ed al fatto che Holden Caufield ce l’abbia, perennemente, con il mondo intero…
Ma vi toglierei tutto il divertimento. La letteratura, infatti, si divide in due grosse sottocategorie: ciò che piace e ciò che non piace; e ciò per cui ne vale la pena e ciò per cui non ne vale la pena. Non so se “Il giovane Holden”, a voi piaccia o non piaccia.
Di certo, checchè ne pensiate, è una di quelle opere per cui ne varrà sempre la pena…
Recensione di Lorenzo Acqua
Recensione 3
Tante volte, anche seguendo gli stimoli e le suggestive recensioni che
i lettori più appassionati postano su questa pagina, mi viene voglia di
rileggere libri letti anni fa, anche in gioventù, ma un po’ per timore di
un eventuale disincanto e un po’ per non dover fare i conti con l’inesorabile
trascorrere degli anni, alla fine non lo faccio mai.
Però, ecco, un racconto
che mi piacerebbe riprendere è “Il giovane Holden”, un romanzo breve
– che ricordo di aver letto d’un fiato una notte viaggiando in treno verso
Parigi – dove Salinger, usando uno slang giovanile e colloquiale che riesce
a far entrare il lettore in sintonia con il protagonista e un ritmo scorrevole con
pochissima punteggiatura (che sembra anticipare, se non ispirare, lo stile
degli scrittori della beat generation che da lì a poco – siamo nel 1951 –
proporranno il loro dirompente messaggio), racconta le vicende di un
adolescente che turbato da alcuni problemi di natura scolastica e sentimentale
decide di lasciare la scuola in Pennsylvania e raggiungere il padre e la sorella
a New York.
Un viaggio avventuroso che metterà alla prova le sue capacità
di relazionarsi con il mondo a volte subdolo e ipocrita degli adulti, e le contraddizioni
insite nell’incrociarsi delle relazioni umane che lui riesce istintivamente a smascherare
con il suo sguardo ancora incontaminato sulla realtà circostante.
Di Caufield Holden e delle sue domande apparentemente fuori luogo – memorabile
quella ricorrente sulle abitudini delle anitre del laghetto – sento spesso la nostalgia, e
alcuni passaggi avrei voglia di rileggerli…
Ma come dimostrato dalla foto, sul mio tavolino
da lettura il libro è assente, in quanto tempo fa l’ho prestato a una mia amica che ovviamente
s’è guardata bene dal restituirmelo, anche perché poi l’amicizia è finita, e non ci vediamo più.
Recensione di Franco Brugnara
Titolo presente anche in Un Libro in un Tweet
IL GIOVANE HOLDEN J. D. Salinger
A mio personalissimo parere è un libro noiosissimo. Vedendo che tutti parlavano di capolavoro mi sono detto: vuoi vedere che sono un po’ stupido e non ho capito niente? Così l’ho riletto e confermo:noia mortale. Salinger è abbondantemente sopravvalutato