IL LACCHÈ E LA PUTTANA, di Nina Berberova
Un racconto lungo, meno di cento pagine, con cui la Berberova colpisce duro; merito della prosa raffinata e intensa che evoca una storia brillante e invece nasconde il veleno di cui è intriso il libro, che si percepisce in pieno solo a lettura conclusa.
Tania è un’esule russa, rifugiatasi a Parigi dopo la Rivoluzione. La città non le regala niente e lei non riesce a prendersi niente; non ha sogni, non ha volontà, prende in prestito le aspirazioni delle altre e cerca di farle sue. Vuole un uomo che si occupi di lei perché così non deve farlo da sola; chiunque va bene, anche l’anziano cameriere russo, ex ufficiale della cavalleria zarista.
Che disprezza perché decaduto, povero, triste, innamorato. Così sciocco da cercare in lei quel calore che ha perso da tanto tempo, così ingenuo da cercare di renderla felice proponendole di fare un figlio che non vuole.
Eppure, almeno lui, così dignitoso nel suo dolore di uomo respinto, che in fondo ha sempre saputo di essersi illuso. E che il mondo è pieno di persone che non hanno niente da dare, neanche a se stessi.
Commenta per primo