IL LIBRO DEL MESE: CASE ROSSE, di Alberto Coco (Luoghinteriori – settembre 2023)
Vi è mai capitato di ascoltare una canzone e fra un ritmo e l’altro la mente apre i suoi cassetti della memoria? Una canzone come uno sblocco per ripensare ad un momento preciso in cui magari eravamo in compagnia di qualcuno, oppure stavamo per prendere una decisione importante, o era imminente un evento che avrebbe modificato per sempre la nostra esistenza.
Ci ricordiamo l’essenziale di quel momento e magari anche qualche dettaglio importante come un’emozione o un sentimento, un colore o un profumo.
A me è capitato che dopo aver ascoltato un brano musicale sono andata a prendere dal baule in camera mia un album di fotografie e ho sfogliato il tempo della mia adolescenza a cui quella canzone faceva riferimento. Foto che rimangono lì, silenti, finché non si riprendono in mano e allora il pensiero si mette in moto, si vivacizza, si concretizza, rivive in quello scatto prezioso che è simbolo dell’essenziale e rende completo la memoria di ieri.
Il desiderio di fermare un attimo nell’attimo nel guardare un vecchio album di foto, sfogliarlo lentamente e osservare ogni immagine mi ha catapultato nel mio passato. É stato piacevole stare seduta sul divano e ricordarmi com’ero, cosa indossavo, com’ero pettinata, chi c’era con me nello scatto; fermi immagini al mare, in montagna, con i miei genitori, davanti alla casa nuova, sorridente mentre cadeva la neve in quella famosa nevicata del 1985 in pianura padana.
Frammenti preziosi che ho avuto il piacere di vedere leggendo Case Rosse di Aberto Coco, alla sua seconda opera letteraria.
Sì, perché la storia che ha scritto, che racchiude al suo interno altre micro – storie è stato davvero come aprire un album prezioso di fotografie (le sue fotografie) di un mondo lontano nel tempo ma vivo nella sua memoria.
Con una scrittura fluida, sentita e ricca di suggestioni l’autore mi ha aperto le porte alla sua vita di un tempo, al suo mondo bambino e successivamente di adolescente. Ha raccontato dei suoi attimi, istanti felici, altri meno, comunque indelebili.
Raccontandomi poeticamente come un fotografo professionista ha individuato i chiaroscuri, la particolare luce radente che dà valore, enfatizza luoghi o in senso ampio persone, sfiora le cose, gli oggetti e rischiara l’animo. Una messa a fuoco che ha riportato a galla colori, sapori, profumi. Ricordare per lui sembra essere stato catartico, una speciale osservazione comprensiva di emozioni vissute un tempo, che però hanno sempre risuonato dentro di lui e con questo libro si sono palesate.
E la prima emozione forte che apre la sua narrazione è stata quella di cambiare casa. Berto, e la sua famiglia spostano fisicamente i proprio corpi da una parte all’altra della città di Milano, un microcosmo sconosciuto e nuovo, tutto da scoprire.
Le foto – parole mi hanno fatto percepire la bellezza della vita, che man mano è cresciuta di significato col trascorrere del tempo. Il giovane protagonista giorno dopo giorno, attraverso le esperienze che ha vissuto, le persone che ha incontrato, le vicissitudini in cui è stato convolto hanno portato in lui cambiamenti interiori notevoli.
Ed è il cambiamento inevitabile della vita che rende vivido il raccontare, il raccontarsi. Ho sentito nelle sue parole in bocca a Berto che quel tempo, trascorso in uno strano equilibrio di cui forse non aveva piena consapevolezza nel momento stesso in cui lo viveva, col passare degli anni proprio quel tempo e quella spensieratezza diventa per l’autore essenziale e degne di essere raccontata, perché si sente che in realtà l’hanno plasmato, influenzato il suo essere adulto di oggi.
Lo scrittore ha regalato al lettore il suo mondo e l’ha trasmesso con tutto l’amore e la tenerezza possibile. Ha raccontato in fotogrammi il suo percorso sociale, culturale con gli occhi “piccoli” desiderosi di vita e osservarli poi con gli occhi di adulto, più riflessivi e un po’ malinconici.
Nella nuova casa vicino a Vimodrone Berto trascorre le sue giornate tra il finire degli anni sessanta e settanta del Novecento con i suoi tumulti sociali, culturali, economici, i legami familiari, le amicizie a scuola, i primi innamoramenti. Case rosse come una dimora che cresce in altezza come lui crescerà, un po’ alla volta, in un misto di ingenuità ed elucubrazioni tra il sogno e la realtà. Un essere bambino nel quale tutti un po’ ci possiamo riconoscere e verso il quale proviamo una sorta di tenerezza e indulgenza.
Case rosse come struttura fisica ma al contempo anima in cui esistenze, le più svariate raccontano del nostro Paese. Piccole storie che diventano storie di una nazione in fermento, in subbuglio.
Leggete questo romanzo, perché così potrete diventare anche voi fotografi della vita, del vostro ieri che è il ricordo dell’oggi.
Andate a vedere le polaroid del vostro mondo di un tempo che necessita, a volte, di rivivere tra un sorriso buffo e un pensiero profondo, fra le discese e le risalite come è d’altronde la vita stessa.
Piccola curiosità: se qualcuno di voi ha letto il romanzo precedente di Alberto Coco “Maria che danza sulle ali di un calabrone” potrà ritrovare qualcosa di quella storia.
Citazione preferita: “Siamo quasi arrivati, ma non arriviamo mai. Il paesaggio dietro il finestrino è cambiato: campi gialli che si muovono come il mare hanno preso il posto delle case con i muri grigi, e la mia vista può arrivare fino all’orizzonte. Il passato attorno al pozzo s’allontana, il futuro ha solo punti interrogativi e il presente è l’addio, è un lungo e interminabile ponte sospeso nel vuoto che mi fa sentire le vertigini.
Sì, addio è una piccola parola e una grande fregatura”.
Buone letture!
Recensione di Elisabetta Baldini
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