IL LIBRO DEL MESE: VILLA DEL SEMINARIO, di Sacha Naspini
“Fu dopo uno scambio di questo tipo che René calò la carta, la stessa che lo indicava nel nome da quasi tutta la vita: Settebello. Se Simone l’avesse presa sarebbe morto. «Io faccio la guerra degli scarponi» disse.”
La storia e il racconto di finzione si intrecciano in questo ultimo romanzo di Sacha Naspini, dove la “questione privata” del ciabattino René racconta una vicenda storica a lungo rimossa, quella del Seminario di Roccatederighi in Maremma (Le Case di Naspini, la sua Derry come abbiamo avuto a dire spesso negli anni), unico caso in cui una diocesi europea stipula un regolare contratto di affitto per la realizzazione di un campo di internamento, attivo tra il novembre del ’43 e il giugno del ’44 (“cinquemila lire al mese, più lo stipendio delle suore e due uomini di fatica”).
Naspini decide di raccontare questa storia, a lungo rimossa, non attraverso la forma del saggio storico (ma i titoli di saggi su cui tornare li trovate, volendo, nelle note finali) ma con i suoi strumenti di narratore, e sceglie un personaggio antieroico, René detto Settebello per le tre dita mancanti, che sviluppa coraggio e coscienza, e matura la sua personale resistenza per proteggere la persona a lui più cara, Anna, che prende invece la via dei boschi dopo che i Nazisti le ammazzano il figlio.
E attraverso la storia di René si racconta la presa di coscienza di una comunità (o quantomeno la consapevolezza di una ingiustizia a cui per il momento non si riesce a reagire, per vigliaccheria, per fame, per non voler vedere), assieme alla nascita di una strana amicizia, tra René e il giovane soldatino Simone, che insieme maturano la loro rivoluzione silenziosa, a piccoli passi.
Una rivoluzione caparbia anche se silenziosa, come caparbia è la scelta dell’autore di voler tornare su fatti che nel tempo si è preferito lasciar cadere nel dimenticatoio.
Sarebbe facile la costruzione di un romanzo “a tesi”, ma questo è un romanzo tout court, che si legge di un fiato, scritto benissimo (è Naspini, non scriverebbe male nemmeno a farlo apposta) e che ci porta a capire cosa possa essere stata la guerra dell’Italia piccola, dei paesini, e di quante anime sia stata composta la nostra resistenza, comprese quelle di chi ci è arrivato per “questioni private”.
Piccolo solo nel numero di pagine.
Recensione di Alessandra Fineschi
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