IL MANAGER PIÙ INVIDIATO (dai concorrenti)
SERGIO MARCHIONNE, di Tommaso Ebhardt
I am a fixer.
Questa lettura ho dovuto metabolizzarla perché emozione e magone sono stati fortissimi, sentimenti che si accompagnano alle grandi persone oltre che personaggi che non ci sono più. E mi ritornano ogni volta che ci ripenso o se vedo o leggo di quest’uomo e della sua totale abnegazione a ciò in cui credeva e amava. Scriverne è difficile perché la mia ignoranza di un argomento così complesso non mi aiuta, dovrei per essere più obiettiva, conoscere approfonditamente le vicende da diversi punti di vista.
Una biografia per nulla noiosa, mi hanno aiutata a procedere speditamente stile e organizzazione dei capitoli. Nulla appare costruito, la narrazione è semplice, autentica, lineare, senza inutili fronzoli per rispecchiare quanto più fedelmente possibile non solo il manager instancabile ma l’uomo.
Il giornalista che lo racconta, Tommaso Ebhardt, direttore della redazione di Bloomberg News di Milano, è stato praticamente la sua ombra, seguendolo in ogni parte del mondo pur di intervistarlo, rinunciando a pezzetti della propria vita.
Il lavoro al di sopra di tutto, travolgendo e stravolgendo la vita dei suoi più stretti dipendenti in una esperienza unica e straordinaria, fatta di continui scambi culturali e arricchimento reciproco. Ma dura, durissima ma sopportare. Per pochi.
A fronte di un’Italia restia ai cambiamenti, come tante volte anche Alan Friedman ci ricorda, lui ha rivoluzionato, trasformando un’azienda del valore di 5 miliardi in una che ne vale 60, grazie a quel sogno americano da realizzare a tutti i costi, spendendosi sempre e facendo nascere per la prima volta un gruppo eccezionale che ha permesso di salvare posti di lavoro e anche la faccia. Perché I cambiamenti necessari vanno affrontati e guidati. Ci vuole forza e volontà di attuazione.
Epoca 4.0
Tanti momenti di racconto mi ritornano spesso alla mente, e mi emozionano. I piccoli, apparentemente, insignificanti gesti. La sua presenza nelle fabbriche, a visitare i bagni, le sale mensa, la catena di montaggio, i corridoi. Notare la polvere accumulata dall’imperizia e rimuoverla, perché se a una cosa tieni davvero te ne prendi cura e la migliori. Un luogo di lavoro che sia anche essere bello, accogliente, vivibile.
La squadra è il punto di partenza. E quando, nel 2004, in qualità di AD si insedia al Lingotto lo trova in totale stato di abbandono, con una struttura verticalizzata e piramidale e nessuno che si assuma una responsabilità. Lui è presente sempre e prima di tutti. E’ il racconto, in parte personale, che mi ha toccata oltre gli altri poiché, lavorando in una grande azienda ancora oggi e spesso dopo vent’anni, mi capita di sentirmi matricola più che lavoratrice con un nome. La differenza la fa esserci, osservare, conoscere, sapere, come quando a una cosa tieni davvero, perché è anche tua e la senti tale.
La critica più feroce lo spostamento di FCA in Olanda.
Anche se le jeep che si esportano in America vengono prodotte in sud Italia, a Melfi. “Ha spostato il baricentro dell’azienda fuori dall’Italia, però ha anche riportato la centralità della produzione italiana della macchina più americana che c è.”
I sogni rimasti tali. Fondersi con GM e creare il gruppo più grande al mondo. Andare oltre la fusione di Fiat e Chrysler, un sogno infranto dallo stop della Germania e non solo.
Quelli in parte realizzati… azzerare in soli tre anni il debito di FCA.
Le scelte difficili, il durissimo scontro con la politica, con la gente comune, con i sindacati…
Fiat nel 2004 era in condizioni fallimentari e la risolleva. Fa lo stesso con Chrysler, che ne 2014 acquista, perché… “I am a fixer, metto a posto le cose”. Assumendosene le responsabilità come nessuno mai.
Nel 2007 viene lanciata la nuova Fiat 500 prodotta si in Polonia ma che consente alla Fiat di riprendersi. Tutti a lavoro, zero cassa integrazione e premi di produzione per i dipendenti.
Gli anni bui del 2008-2009 50.000 dipendenti in cassa integrazione, il costo del petrolio alle stelle, il fallimento di Lehman Brothers…
Nel 2009 la trattativa con i sindacati americani e l’imposizione da parte di Marchionne del Two Tier System e l’introduzione del WCM segnano il punto di non ritorno.
Nel 2011 la dismissione di Termini Imerese dalla Fiat Spa.
Ci sarebbe così tanto da raccontare, di cadute e di ripartenze, di speranze e disillusioni, di fatica e soddisfazioni, di durissimi scontri e ferocissime critiche e ricordi, lasciati come testimonianza di ciò che è difficilissimo ma mai impossibile.
In me che alla Fiat non ho mai lavorato e ne ignoro le dinamiche interne resta un’ammirazione che prevale su tutti gli altri sentimenti. Perché nella vita reale provarci è spesso l’unica cosa che conta. Criticare è giusto, ma dopo aver osato, dopo aver fallito mettendoci faccia e fatica e sudore. Nascondersi è facile e comodo, in situazioni in cui la cultura della responsabilità va toccata, misurata sulla propria esperienza.
“Il viaggio alla scoperta di sé può essere pieno di insidie, ma dovrete compierlo in autonomia, senza evitare gli ostacoli.
Cercate da soli la vostra strada, cambiatela tutte le volte che volete, seguite i vostri sogni.
Non lasciate che l’educazione, le abitudini, i vostri stessi preconcetti diventino una prigione.
Abbiate sempre il coraggio di cambiare voi stessi – le vostre idee, il vostro approccio, il vostro punto di vista – perché è l’unico modo per cambiare le cose che non vanno e per migliorare la vostra vita e quella di tanti altri.
E mentre cercate la vostra strada, tenete a mente chi volete diventare.
Pensate a quale impronta volete lasciare, a quale differenza volete fare.
Rimanete ambiziosi nei vostri obiettivi, perché rassegnarsi a una vita mediocre non vale mai la pena.
Grazie a tutti.”
Lectio magistralis Università di Trento 2 ottobre 2017
Buone prossime letture
Recensione di Mariangela Aurilia
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