IL MASTINO DEI BASKERVILLE Artur Conan Doyle

IL MASTINO DEI BASKERVILLE, di Artur Conan Doyle

 

Troppo divertente la definizione (letta poc’anzi su una recensione) dei lettori di miss Marple come amanti di tiepidi brodini riscaldati.

Il libro proposto dal recensore indubbiamente sarà valido, ma preferisco venire a noi.

Non è solo lo sferruzzare di miss Marple o il culto ossessivo della simmetria di Poirot a farci amare questi brodini.

Piuttosto, avendo letto gialli moderni dove per attrarre il lettore si ricorre al sangue che cola, alla descrizione di cadaveri in decomposizione, ad effetti facili insomma, ancor più ci rifugiamo in quel mondo dove si esercita la raffinata capacità di deduzione intellettuale a discapito delle azioni violente che avvengono, certo, ma come in sordina.

Se poi il brodino è ancora troppo insipido per i palati più esigenti, possiamo spingerci indietro e trovare l’ispiratore della Cristhie: quel Conan Doyle che con Sherlock Holmes creò l’investiga tore per antonomasia.

“Il mastino dei Baskerville” mi sembra il meglio della sua produzione letteraria.

Un giallo, sì, ma per gourmet, tanto per restare in tema; il più inglese degli inglesi, il più classico dei classici.

L’ambientazione nella brughiera ventosa ed acquitrinosa dove la luna getta ombre spettrali sul paesaggio concorre a trasformare un cane, sia pure un mastino, nel mostro soprannaturale che sonnecchia in ogni mente umana.

Grazie alla genialità di Conan Doyle, è ovvio.

Un po’ di trama.

Il dottor Mortimer chiede aiuto ad Holmes, alla presenza del fido Watson, personaggio fondamentale col ruolo di mettere in evidenza le eccezionali facoltà dell’amico che spesso lo umilia (la Christie attinse a piene mani per creare Hastings, la spalla di Poirot).

Il dott. Mortimer, dicevo, chiede di indagare sulla morte di sir Charles Baskerville, baronetto e proprietario di un maniero nella brughiera di Dartmoor. Accanto al cadavere sono visibili le impronte di un grosso mastino.

Secondo un’antica leggenda gli eredi maschi della famiglia a partire dal malvagio antenato Hugo sarebbero stati uccisi da un cane demoniaco. Holmes manda Watson al maniero dove sir Henri, l’ultimo erede, ha preso possesso del castello.

A complicare le cose si viene a sapere che un pericoloso assassino evaso si aggira per la brughiera, dalla quale ben presto echeggiano misteriosi ed agghiaccianti ululati…

Nella notte, spersi nella palude, in cerca del mastino e dell’ evaso, anche Holmes ha un momento di inquietudine ma le sue ostentate capacità di osservazione e deduzione prendono il sopravvento perché solo “il sonno della ragione produce mostri”

Il mastino dei Baskerville si può leggere come una storia vera ma in realtà segue le ferree leggi del giallo all’ inglese.

E quelle indagini basate sulla polvere sotto le scarpe o il bastone consunto sarebbero oggi del tutto irrisorie.

Ma, si sa, per abbandonarsi a certi tipi di lettura va sospesa l’incredulità.

Spesso questo libro è consigliato anche ai ragazzi, però, a mio modesto parere, solo ed a patto che siano tosti nelle letture e non demordano.

Recensione di Ornella Panaro

IL MASTINO DEI BASKERVILLE Artur Conan Doyle

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