IL MESTIERE DELLO SCRITTORE, di Murakami Haruki
“Il mestiere di essere Murakami”
Questa vorrebbe essere una specie di recensione, ma al tempo stesso contiene in sé le ragioni dell’inutilità di ogni recensione.
Mi spiego meglio, o perlomeno cerco di farlo.
Il libro a cui faccio riferimento è “Il mestiere dello scrittore” di Murakami Haruki. Mi attengo con gran rispetto all’uso giapponese di far precedere il nome, Haruki, dal cognome, Murakami…atto invece di ingessato formalismo, nel nostro italico modo di vedere.
Perché accennavo in apertura all’inutilità sostanziale di ogni recensione? (Nonostante creda allo stesso tempo che rimane importante cercare di scriverne il più possibile: i libri sono fantastici da leggere, ma altrettanto affascinante è parlarne).
Ogni recensione, dicevo, suona un po’ come una sorta di vuoto esercizio, perché si ripropone ogni volta il tentativo di agguantare l’inafferrabile.
Per quali motivi un libro ci è piaciuto, ci ha rapiti, ci ha stregato? Sì, potremo portare un sacco di motivazioni ben ponderate, ma la molla fondamentale che ha fatto scattare la fascinazione più profonda non la sapremo mai indicare.
Murakami Haruki per me rappresenta l’espressione suprema di questa grande impossibilità nello spiegare. Ho letto ormai circa una decina di suoi romanzi e tre saggi, e ogni volta l’incanto si ripete.
Dico una frase fatta, che spero mi venga perdonata: potrei leggere anche la lista della spesa, scritta da lui, e sono certo che non mancherebbe di trascinarmi dentro la bellezza della sua prosa.
Murakami ha una scrittura semplice, aggraziata, misurata, sembra sempre usare il numero di parole perfetto per quello che intendeva dire in ogni frase, mai una sillaba di troppo, né una in difetto.
Di fronte a una sua pagina, si rimane incantati come a osservare una statua in marmo da cui lo scultore ha asportato l’esatta quantità di materiale.
E non si sa come, ma la cosa stupenda sta nel riuscire a capire che se avesse levato anche un grammo di più, tutto sarebbe andato sciupato, mentre un grammo di meno avrebbe arrecato pesantezza.
Murakami coniuga insieme, con grande sapienza, modestia e potenza espressiva.
Racconta perlopiù vicende di vita quotidiana, se si vuole piuttosto ordinarie, eppure sa farle bruscamente sterzare in atmosfere di intenso coinvolgimento, sino ai limiti dei più densi misteri dell’animo umano.
I suoi personaggi fanno nascere nel corso della lettura un’intensa voglia di conoscerli per davvero (anche se sono sempre di fantasia).
Ma una cosa sopra tutte (in questo caso personalissima e, come tale, immagino, difficilmente trasmissibile a chiunque altro sia una persona diversa da me) mi sento di dire circa la scrittura di Murakami Haruki: è fonte di consolazione infinita.
Qui si cela il nucleo “in-recensibile”, ma non per questo meno meraviglioso, di ogni sua opera: leggere Murakami è un linimento per l’animo, un conforto grande per il proprio “essere” più intimo.
Tutte queste ragioni in qualche modo si confermano e si amplificano nel saggio “Il mestiere dello scrittore”.
L’argomento principale di cui tratta è per l’occasione se stesso, tutto ciò che gira attorno alla sua attività di scrittore, e questo si trasforma in una ghiotta manna, per chiunque abbia a cuore ogni parola posata sulla carta dal proprio beniamino letterario.
È come stare a sentire una persona molto cara, a cui teniamo tantissimo, che ci rivela parti importanti del proprio carattere e della sua vita: non ci vorremmo perdere nemmeno una parola.
Dai suoi esordi un po’ casuali, a che tipo di ragazzo, poi giovane uomo e adulto è stato; dai tanti spunti di riflessione su cosa significhi scrivere, a numerose considerazioni più o meno immediate, attinenti più in generale la vita vissuta stessa…personalmente, non c’è una frase in questo libro che non abbia trovato di estremo interesse.
Ma soprattutto (anche se questo, in particolar modo questo, riguarda l’estrema “in-recensibilità” citata prima), anche in questa ennesima lettura di Murakami ho trovato conferma della sua peculiarità più preziosa: che la semplicità “pura” deriva da una sapientissima sublimazione e distillazione delle complessità della vita.
E ancor più importante, nel corso di tutta la lettura, mi sono sentito bene e in armonia con me stesso, come ogni volta che ho tenuto fra le mani un libro di Murakami: e qui si nasconde il nucleo più vero, genuino e irraggiungibile della sua “in-recensibilità”.
Non ve lo saprei spiegare, ma grazie al cielo è così: leggere Murakami mi fa star bene.
Recensione di Angelo Gil Balocchi
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