IL MURO INVISIBILE Harry Bernstein

IL MURO INVISIBILE, di Harry Bernstein (Piemme)

Qualche anno fa, incuriosita dal titolo, ma soprattutto dal fatto che si trattasse dell’opera d’esordio di un novantenne, acquistai questo libro e non me ne sono mai pentita. Anzi, lo trovo attualissimo.

Harry trascorre l’infanzia in una piccola città industriale del Lancashire, senza altro orizzonte se non la strada in cui vive, “una delle tante…terribilmente uguali: un’interminabile schiera di case…l’una di fronte all’altra”. Ma questa strada è diversa perché un muro invisibile la divide in due: “noi vivevamo da una parte e ‘loro’ dall’ altra. ‘Noi’ eravamo gli ebrei e ‘loro’ i cristiani”.La separazione ammette pochissime eccezioni: una donna cristiana dietro compenso accende il fuoco nelle case ebree all’inizio dello Shabbat, talvolta un bambino ebreo va ad acquistare farina nella drogheria cristiana.

Nessun altro tipo di contatto è ammesso, l’invalicabilità del muro è accettata senza discussioni, al punto che, se una ragazza ebrea sposa un ‘goy’, per la sua famiglia è morta. Ma Harry comprende che “sono poche le regole che non vengono infrante quando le circostanze lo richiedono” e proprio lui, inconsapevolmente, avrà un ruolo nel lento processo di cambiamento dei due mondi chiusi nel pregiudizio. Allo scoppio della prima guerra mondiale i ragazzi di entrambi i lati vengono chiamati alle armi, compresi Freddy, colpevole di aver amato Sarah e di averne causato l’allontanamento e Arthur, del quale è innamorata Lily, la sorella di Harry.

Tuttavia neppure la tragedia del conflitto riesce a sconfiggere una mentalità consolidata; tutta la strada ha atteso il rientro dei combattenti, tutta la strada ne festeggia il ritorno, ma la distanza rimane incolmabile. Freddy, rientrato con una grave mutilazione non riesce a sopportare l’ostilità, Arthur e Lily invece riescono ad aprire una breccia nel muro, regalando al bambino-narratore “uno strano senso di serenità e di appagamento”. La sua precoce maturità dà equilibrio al racconto anche quando descrive le fatiche della madre, la violenza del padre, l’insoddisfazione della sorella, lo scorrere monotono della vita nella strada. Un racconto denso e articolato, pacato anche quando non sarebbe strano leggere parole di condanna.

Senza mai scadere nel patetico e senza giudicare l’Harry anziano ricostruisce l’Harry bambino con raro equilibrio e uno stile semplice e scorrevole

Recensione di Miranda Valsi 

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