IL PADRE GORIOT, di Honoré de Balzac
Pubblicato per la prima volta a Parigi, nel 1834, non tardò a essere tradotto e venduto anche in Italia. In seguito, l’opera è stata oggetto di studio e traduzione, regalando ai lettori italiani innumerevoli versioni, di anonimi e illustri studiosi fino alle contemporanee proposte di editori noti e meno noti come Feltrinelli, Rusconi, Bur, Amazon, Utet, Garzanti, Mondadori, Minerva, Aurora, Fratelli Fabbri, Treves. Fra i primi nomi di spicco dei traduttori, ricordiamo Jolanda Girardi, Luigi Masieri, Pasquale Marzano, Ketty Nagel, Ernesta Borio, Gabriella Alzati, Marina Juvalta, Gemma Rusconi Mara Fabietti, Emma Defaqz, Giuseppe Pallavicini Caffarelli, Maria Ortiz, Anna D’Elia, Maurizio Cucchi, solo per citarne alcuni. Infine, Padre Goriot non ha suscitato soltanto l’interesse di critici letterari e linguisti; nel tempo l’opera di Balzac è stata anche adattata in film per il cinema e sceneggiati per la televisione.
A distanza di 185 anni dalla sua prima uscita e, per quel che mi riguarda, più di 40 anni da una lettura scolastica, mi chiederete come mai rileggere “Il Padre Goriot”?
Domanda lecita alla quale rispondo subito. Aiutando mia figlia nello studio della lingua e della letteratura francese, mi sono imbattuta in questo capolavoro e non ho resistito alla tentazione di rileggerlo. Sono andata a cercarlo nella biblioteca di mio padre e ho trovato un’edizione francese del 1950, del Club Français du Livre, con una prefazione di Marcel Arland, che esprime meglio di me la grandezza di questo romanzo. ‘Profusione di personaggi, temi, intrighi e eventi, Il Padre Goriot si distingue dagli altri romanzi che compongono La Comédie Humaine per il suo ordine composito e la sua figura singolare’. Ho sfilato il libro dallo scaffale e me lo sono letteralmente divorato. Purtroppo non sono riuscita a farlo leggere anche a mia figlia, attratta maggiormente dai postaggi su Facebook e Instagram dei suoi amici. Ma si sa, a quell’età, abbiamo altro per la testa.
Spero invece di riaccendere qualche ricordo in voi che mi leggete, spingendovi a frugare nelle biblioteche pubbliche o private, alla ricerca di questa pietra miliare del romanzo francese ottocentesco.
Balzac stesso si rendeva conto di avere scritto qualcosa di grande, come si può leggere nelle lettere che scriveva a Madame Hanska, ancor prima che diventasse sua moglie. La storia di questo padre che si condanna alla più spietata miseria privandosi di ogni bene pur di soddisfare i capricci delle due adoratissime figlie, Anastasie e Delphine, è sublime e tragica al tempo stesso.
In breve, il romanzo ci racconta la storia del Padre Goriot, commerciante di pasta in pensione, che invece di trascorrere una vecchiaia agiata e felice, vive un’esistenza miserabile nella pensione di Madame Vauquer. Qui, nasconde a tutti le sue ricchezze, destinate unicamente a soddisfare le due figlie.
I denari, gli ori e gli argenti, che custodisce con una cupidigia degna di un grande avaro, in realtà sono soltanto per le figlie, abituate a ogni tipo di lusso e a una vita che non conosce alcuna privazione. In brevissimo tempo di questa grande ricchezza non rimane più nulla. In fin di vita, Goriot è povero, miserabile, solo e abbandonato, fra l’indifferenza di tutti. Anastasie e Delphine non lo raggiungeranno neppure per donargli un ultimo bacio.
Accanto al protagonista ruotano altri personaggi, come Eugène de Rastignac, che diverrà l’amante di una delle due sorelle, o l’oscuro Vautrin, e che torneranno in altri romanzi della Comédie. A Balzac piaceva far credere che i suoi personaggi fossero persone vere. E amava seguirli in più avventure, e farli ricomparire nelle sue opere.
A tutti coloro che, incuriositi, avranno seguito il mio invito, auguro una buona lettura, anche se mi rendo conto che non avranno più occhi, o orecchie per le mie parole, ma solo per quelle del nostro grande Honoré de Balzac: uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi che ci ha regalato uno dei più belli che si possano leggere.
I consigli del Caffè Letterario Le Murate Firenze, di Sylvia Zanotto
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