IL PANE PERDUTO, di Edith Bruck
Recensione 1
“Nessuno avrebbe potuto dire se il viaggio stesse durando molto o poco, il tempo reale, come la mia infanzia, era sparito e quello interiore ciascuno lo viveva solo secondo i propri sensi”.
Prima di leggere il libro ho guardato per dieci minuti la copertina, finito il libro quella copertina l’ho guardata per oltre mezz’ora.
É un’immagine che tocca, che crea empatia, che per certi versi fa soffrire. Fa vedere “il pane perduto”. Il pane da sempre alimento di festa, di casa, di famiglia, di unione, se perduto crea smarrimento, tristezza, dolore. Ecco cosa vuole raccontare Edith Bruck, con questa storia vera: vuole raccontate (a 89 anni) la sua storia. Ancora. Una storia fatta di dolore, di orrore, di perdite, di allontanamenti, di ingiustizia, di viaggi, di ricostruzione, di pazienza e audacia nei confronti della Storia.
Con un linguaggio asciutto e viscerale il racconto si avvia partendo dall’infanzia ungherese della protagonista, infanzia che viene “persa” a causa di gendarmi che scombussolano una famiglia, una vita, procede poi per ricordi che affiorano come lampi, ricordi assemblati sulla base delle intermittenze della coscienza, a violare l’ordine più strettamente cronologico degli eventi. Quella bambina con semplicità dice dell’orrore del nazismo, e continua anche da adulta. Proprio lei, Ditke, mentre tutta la follia umana le cammina accanto riesce a scampare alla morte si sforza di capire come ricostruirsi per apprezzare quella salvezza fortuita. E così passa una vita a viaggiare, Birkenau, Auschwitz, poi Dachau, e poi nel 1954 arriva in Italia e qui si ferma…
Quella bambina mi ha guardato da subito con occhi che non posso dimenticare e dalla donna ho imparato che la vita é occasione sempre. Grazie Edith Bruck per questo libro, per questo scampolo di vita, per questa testimonianza, per questa tenacia nel ricordare ed educare le generazioni.
Se é vero “che ci vogliono parole nuove per parlare di Auschwitz”, quelle della Bruck servono.
Consigliato.
Recensione di Maria Elena Bianco
Recensione 2
Il pane perduto di Edith Bruck, testimonianza di una donna allora bambina ebrea in Ungheria. La storia di una vita. Interessante il “dopo” di chi, sopravvissuto, deve reinventarsi da solo e dare un senso alla propria “salvezza” … L’autrice ci è riuscita e scrive di sé donando quella “luce” da cui il lettore può trarre la forza di affrontare il buio raccontato. Come ogni testimonianza diretta, metabolizzata nel tempo e donata con il coraggio di superare il proprio trauma, va letto, custodito, tramandato.
Recensione di Isabella Marchegiani
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