IL PASSATO È UNA TERRA STRANIERA, di Gianrico Carofiglio
Questo libro mi è stato prestato da un ragazzo di diciassette anni che conosce la mia passione per la lettura: non potevo non leggerlo! Fra l’altro aspetta di leggere la mia recensione e io sono egoisticamente felice di ciò!
Il romanzo mi è piaciuto molto. Inchiodata per 12 ore senza mai stancarmi, l’ho letto tutto d’un fiato. Si, un bel romanzo, una storia tormentata, dallo stile asciutto ed essenziale.
Nessuna parola è lasciata al caso.
Con raffinatezza, l’autore traccia il profilo dei due protagonisti, avvolti sempre da una sorta di ottenebramento della coscienza che non permette di guardare con lucidità fuori e dentro di sé.
Un romanzo fortemente psicologico che richiama, seppur in forma moderna e meno contorta, le inquietudini del protagonista de “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo in quel modo asfissiante di autoanalizzarsi e nell’impotenza di decidere. Riecheggia, in parte, anche la sofferenza del protagonista di “Delitto e Castigo” di Dostoevskij nell’ autogiustificare i suoi comportamenti illeciti elevandoli a forma di umanità.
Due ragazzi, Giorgio e Francesco, apparentemente così diversi si incontrano e si specchiano l’uno nell’altro, cercando nel riflesso di ognuno il senso di tutto quello che li circonda.
L’autore ha padroneggiato bene il tema adolescenziale, il passaggio dalla giovinezza alla maturità, un passaggio nebuloso e irreale. Nei vuoti esistenziali di Giorgio ha intinto le false credenze di Francesco, creando un mix esplosivo di dolorosi ma intensi ricordi.
Giorgio è un ragazzo in superficie “perfetto” per i canoni sociali: limpido, equilibrato, amato; mentre Francesco è il suo alter ego: baro, ambiguo, sfrontatamente sicuro.
Si incontrano, si amalgamano nel vortice di un’età torbida e confusa e corrono, corrono insieme l’uno trascinato dal fascino dell’altro. Corrono senza futuro cercando di afferrare quell’invisibile fumo che appanna i loro occhi.
I protagonisti, giovani e belli, cercano di attraversare indenni quel ponte tremendamente pericolante che li porterà a raggiungere la sponda della maturità nell’inconscia speranza di non precipitare nell’ineluttabile “via di non ritorno”. E se il passato non si può cancellare almeno diventa “terra straniera” non più accessibile con gli occhi del presente, quest’ultimo figlio di quel passato, bensì con i ricordi: frammenti sfalsati dal tempo.
Una storia struggente sull’amicizia e sul tradimento, un viaggio doloroso e inquietante in quel tempo fragile e misterioso che separa la giovinezza dall’età adulta, un’avventura picaresca in una Bari segreta e allucinata
“Si guardava allo specchio esaminava la figura, i vestiti -pantaloni, giacca, camicia, cravatta -e provava l’impulso di rompere tutto. La superficie riflettente insieme all’immagine riflessa. C’era una specie di rabbia fredda in quell’impulso. Per quella banale superficie; per quella figura intera -la sua nello specchio- così diversa da quello che aveva dentro. Schegge, frammenti, vapori, lapilli incandescenti, ombre, bagliori. Urla improvvise. Abissi dove non si poteva nemmeno guardare”
Recensione di Patrizia Zara
Be the first to comment