IL POTERE DEL CANE, di Thomas Savage
“Libera l’anima mia dalla spada e il mio amore dal potere del cane”
È da questo versetto del salmo 21 che prende il titolo questo romanzo avvincente e finemente cesellato dalla semplice e raffinata prosa di Savage.
Il Montana è il palcoscenico su cui va in scena il dramma , in cui personaggi tratteggiati con cura e maestria tanto da diventare familiari, consumano i propri sentimenti , sviscerano la propria natura.
I Burbank sono una famiglia di cowboy “anomali” poiché i capostipite sono dei ricchi cittadini trapiantati in un ranch ma che appena tirati su i due figli maschi scappano dal freddo , dal vento e dalla desolazione del west.
Phil e George rimangono a gestire le mandrie e a regnare nell’immensa casa di tronchi, solitari e complici fino alla soglia dei quarant’anni.
Due fratelli tanto diversi quanto complementari. Phil il maggiore non guida la macchina, ha un’intelligenza acuta e un assoluto disprezzo per fronzoli e buone maniere, George è il sognatore, il buono un po’ goffo.
Sarà proprio George a sconvolgere gli equilibri innamorandosi di Rose e portandola a vivere con loro.
La donna è la vedova di un medico della vicina cittadina di Beech morto suicida, e madre del giovane Peter.
Il nuovo assetto familiare non è gradito a Phil.
La montagna, nei cui fianchi Phil e Peter vedono la sagoma di un cane, assisterà silenziosa al compiersi dell’epilogo, potente e inaspettato che lascia al lettore la sensazione d’aver letto un piccolo gioiello della letteratura.
La vera potenza narrativa sta nei personaggi nelle loro debolezze palesi e nascoste e nella loro forza apparente o mascherata.
Savage racconta un mondo lontano da noi , un’ America distante che lui rende familiare, un’epoca passata ( 1924) ma resa odierna e quasi fuori dal tempo.
Recensione di Maria Pina Chessa
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