IL POTERE DEL CONSUMO, di Vanni Codeluppi (Bollati Boringhieri 2003)
“Ciò che caratterizza le società occidentali odierne non è la produzione dei beni, e tantomeno dei produttori necessari per la loro creazione. È la produzione dei consumatori” scrive Vanni Catellani nella premessa di questo suo breve saggio edito per la prima volta da Bollati Boringhieri nel 2003.
Un testo che consiglio vivamente di leggere per capire bene quanto la logica del consumo abbia ormai invaso la nostra esistenza, in tutti i suoi aspetti, anche quelli che fino a non molto tempo fa ne erano esenti.
L’analisi che il sociologo reggiano fa non è altro, infatti, che la prosecuzione dello studio di quel processo di “mercificazione” che già Carlo Marx aveva individuato come caratteristico del capitalismo.
Nei dieci capitoli in cui si sviluppa il saggio, Codeluppi analizza gli ambiti nei quali gli individui costituiscono la loro identità attraverso i comportamenti di consumo adottati. Non dobbiamo, infatti, pensare solamente al possesso di merci in senso tradizionale, ma anche a settori quali: la scuola, l’arte, la politica, lo sport, il sesso e il corpo, nei quali il legame con le logiche del mercato diviene sempre più stringente.
Ovviamente, la chiave di lettura dell’autore è assai critica verso l’espansione sempre maggiore di questo processo di mercificazione, perché ognuno di noi può ritrovare in questo processo le ragioni di un profondo disagio interiore.
Ciò che viene messo maggiormente a fuoco nell’analisi del sociologo è come in realtà la società dei consumi non sia più, in questa tarda modernità, un processo di omologazione a livello sociale, ma un nuovo modo per creare forme di differenziazione e gerarchizzazione tra gli individui. Anche se, io credo che un’omologazione venga creata attraverso gli asfissianti meccanismi pubblicitari che conosciamo, a livello culturale, in modo che i modelli di riferimento di consumo siano gli stessi tanto per chi fa parte delle classi sociali inferiori che per quelli delle classi superiori. Ciò che denunciava P. P. Pasolini già dagli anni 60.
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