IL POTERE E LA GLORIA, di Graham Greene
La trama è semplice, almeno in apparenza: in un Messico pervaso da un forte sentimento anticlericale, un prete corrotto e debole si rifiuta di abiurare e si trascina di villaggio in villaggio in una fuga perenne; affamato, braccato dalla polizia, tradito e sovente disprezzato, è consapevole della propria inadeguatezza, della corruzione del suo animo e della sua debolezza di uomo consumato dall’acquavite, capace di dilapidare persino il prezioso vino della Messa, perennemente sul baratro dell’ultima disperazione, il peccato senza scampo.
Eppure, nonostante tutto, questo anonimo prete non perde mai la consapevolezza del suo ruolo di Ministro di Dio; lui, il più indegno e marcio, non rinuncia a portare Dio a gente stanca e oppressa, a volte indifferente, che rimane sconcertata nel vedersi offrire parole di speranza da quel peccatore, schiacciato dalla propria miseria ma sempre capace di riconoscere e amare l’immagine di Dio nell’ultimo dei suoi fratelli.
La storia della sua fuga è anche una commovente e dolorosa Via Crucis, il percorso di sacrifico e abnegazione attraverso cui il peccatore si lascia trasformare dall’amore di Dio e in questa veste si offre, perfetta vittima sacrificale, al martirio.
La vicenda umana e spirituale è raccontata con struggente profondità, senza deviare verso la speculazione filosofica o il racconto edificante, ma portando il lettore a soffrire e a elevarsi con l’anonimo protagonista: un libro che può toccare corde delicatissime nel cuore di un lettore, che consiglio a chi sia sensibile alle tematiche spirituali e a chi si appassioni a vicende che scavino a fondo nell’animo umano.
Recensione di Valentina Leoni
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