“Il ragazzo italiano: uno scrittore e un lettore” (Daniel Mendelsohn e Valerio Scarcia)

“Il ragazzo italiano: uno scrittore e un lettore” (Daniel Mendelsohn e Valerio Scarcia)

La cosa incredibile è che si ricordava davvero di me, dopo tutti questi mesi.

Appena mi ha visto, alla fine dell’incontro tenutosi in un meraviglioso castello nel Veneto, mi ha salutato con stupore. Quando ha capito che di lì a due giorni sarei andato apposta a Roma (“Really??”) mi ha risposto che il minimo che avrebbe potuto fare sarebbe stato offrirmi un caffè.

E lo ha ripetuto la sera, a Roma, dopo il bellissimo incontro con Antonio Monda. Ci siamo dati appuntamento per il mattino seguente ed è stato incredibile girare l’angolo e trovarlo davvero lì, seduto a quel tavolino.

Cercavo uno scrittore, dietro quell’angolo. Ho trovato un uomo.

Mi ha aspettato per mezz’ora – colpa di un banale fraintendimento – all’ombra di un tavolino, a due passi da Piazza di Spagna. Occhiali sulla testa, un cappuccino decaffeinato e un libro per le mani (quale fosse il titolo, ahimè, mi è sfuggito).

Mi ha fatto parlare per un’ora, mi ha chiesto di me. Di me. Della mia vita, del mio lavoro, di quello di mia moglie. “Non mangi?” mi ha domandato in italiano, quando ho ordinato solo un caffè.

Mi ha chiesto dei libri che sto leggendo, quali siano i miei autori americani preferiti.

Ha preso nota di alcuni titoli e autori che non conosce, italiani ma anche americani.

Mi ha chiesto quale fosse il senso del film di Lynch di cui si è parlato la sera precedente, durante l’incontro, e che lui non ha mai visto. Una Storia Semplice, come recita il titolo originale, che gioca con il nome del protagonista. Una storia di fratellanza, elogio della lentezza, commovente e profondo come le borse sotto gli occhi dell’anziano protagonista.

Il (ri)conoscimento del fratello, che è uno dei momenti conclusivi del suo “Gli scomparsi”. Un finale da commozione pura. Il (ti)conoscimento fra padre e figlio, che è ciò che muove la maestosa materia del suo “Un’Odissea. Un padre, un figlio e un’epopea”.

Gli ho spiegato perché ho deciso di regalargli proprio il libro che avevo per le mani e che ho portato con me sul treno. Un libro sporcato per sempre dalla mia dedica. Io, che scrivo una dedica a lui.

Abbiamo parlato dell’eroismo fragile, delle lacrime degli eroi, di Bellezza e Fragilità, della Grazia, del “pothos”, l’anelito del “suo” Alessandro Magno, del “pothos” che muove un lettore verso nuove conquiste, nuovi libri da conoscere, nuove storie da incontrare.

Anelli, connessioni. L’umanità in ciò che facciamo e leggiamo.

Lui mi ascoltava e si commuoveva, parlavo il mio inglese italianizzato, ma all’occorrenza mi veniva in soccorso col suo italiano americanizzato.

Gli ho spiegato perché i suoi libri sono importanti per me, il gran movimento che, nel mio piccolo, ho generato nella mia cerchia di amici, conoscenti e clienti.. altri anelli, altre connessioni, altre corrispondenze.

Gli ho parlato di mio padre e della sua libreria, di una storia entusiasmante, romantica e avventurosa.

Lui chiedeva, chiedeva… e si è detto commosso, profondamente toccato dalle mie parole e dal senso di tutto ciò che ho vissuto in questi mesi, grazie al suo, di lavoro.

“I’m so touched”.

C’è un capitolo che ha profondamente commosso me, nel suo ultimo libro, “Estasi e terrore”. Il capitolo dedicato al suo rapporto e alla corrispondenza con la scrittrice Mary Renault, che da ragazzo lo ha fatto innamorare di Alessandro Magno (“Un amore non corrisposto”, ha detto durante la conversazione con Monda).

Divenuto adulto, scrittore ormai affermato, ha poi conosciuto amici della scrittrice, ormai defunta, che lo hanno invitato a visitare i luoghi da lei abitati. E così, lo scrittore parte per il Sudafrica e scopre di essere stato per molti anni quello che la scrittrice chiamava “il mio ragazzo americano”. “Vi saluto, devo andare a scrivere al mio ragazzo americano”, soleva dire durante le serate con i suoi amici.

Non so quante persone possano dire di aver vissuto un romanzo. Io sì. Anche se solo per un’ora, mi piace pensare, con un po’ pizzico di presunzione, di essere stato “il suo ragazzo italiano”.

Una scrittrice che ammiro molto, mi ha detto che questa mia storia sta acquistando “un potenziale narrativo esponenziale”. Non poteva regalarmi parole migliori.

Cercavo uno scrittore ed ho incontrato un uomo.

E quando ebbro e stordito, svuotato e al tempo stesso riempito, mi siedo su un treno, sfinito, e scrivo di tutto ciò che ho vissuto, finalmente mi commuovo anche io. Posso?

Grazie Daniel Mendelsohn

Di Valerio Scarcia

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