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IL RICHIAMO DELLA FORESTA, di Jack London (Einaudi)
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“Percepire, decidere e agire”
Non avevo mai letto “Il richiamo della foresta” di Jack London durante la mia gioventù, ma avevo visto il film del 2020 con Harrison Ford. Finalmente, ho deciso di leggere il libro (un richiamo!?) e devo dire che è stata un’esperienza completamente diversa e molto più intensa: un viaggio emozionante e doloroso contenuto in una breve quanto immensa narrazione cruda e primitiva che esplora la lotta per la sopravvivenza in modo brutale e realistico.
Nel percorrere la storia di Buck, un cane domestico strappato dalla sua vita confortevole e gettato nelle spietate terre del Klondike, Jack London non risparmia dettagli sulla violenza e la brutalità della vita nel Klondike, riuscendo con il suo stile ancestrale, a dare profondità ai suoi personaggi animali, in particolare a Buck.
Attraverso la personificazione, Buck diventa un personaggio complesso e tridimensionale, con emozioni e istinti che il lettore può comprendere e con cui può empatizzare.
L’addestramento di Buck da parte dell’uomo col maglione rosso è descritto in modo così vivido e spietato che è impossibile non provare un senso di angoscia e sentire a pelle la sofferenza dell’animale. Questa scena mostra chiaramente la “legge del bastone e della zanna”, una lezione efferata ma necessaria per la sopravvivenza in un ambiente ostile e selvaggio in cui vige la legge del più forte.
Le condizioni climatiche estreme, la lotta costante per il cibo e il riparo, e il lavoro incessante come cane da slitta sono descritti con una tale precisione che mi sono sentita immerso nel freddo e nella fatica insieme a Buck
La lotta per la sopravvivenza, tema centrale del romanzo, è perlustrata da London senza pietà, in uno stile unico dal fascino viscerale.
Il titolo, “Il richiamo della foresta”, rappresenta l’eco irresistibile di una natura selvaggia che invita al ricongiungimento e che Buck sente sempre più forte man mano che la storia procede. Questo richiamo lo spinge a riscoprire i suoi istinti primordiali e a lasciare la civiltà per unirsi a un branco di lupi.
Il romanzo è una metafora potente della riscoperta di se stessi e del ritorno alle proprie radici, è una metafora della libertà e dell’indipendenza. Buck, liberandosi dalle catene della civiltà, trova la sua vera libertà nella natura selvaggia. Questo ci insegna che a volte è necessario allontanarsi dalle convenzioni sociali per trovare la propria strada e realizzare il proprio potenziale.
Ma ci insegna, anche, che dentro di noi esiste una forza interiore che può emergere nei momenti di difficoltà. Buck scopre di avere una forza e una determinazione che non sapeva di possedere.
La capacità di adattarsi a nuove situazioni e di essere resilienti di fronte alle avversità è un tema centrale del libro. Buck impara a sopravvivere in un ambiente ostile grazie alla sua capacità di adattamento.
E ancora, il romanzo sottolinea anche l’importanza di rispettare la natura e di riconoscere il suo potere. La natura selvaggia è sia bella che pericolosa, e Buck impara a vivere in armonia con essa perché si è interrogato, ha pazientato, è riuscito a conoscersi. E soltanto chi riesce a conoscere se stesso può riuscire a dominare gli istinti e vivere in armonia con il proprio “io” e con il “noi,”
In sintesi, “Il richiamo della foresta” ci insegna l’importanza di riscoprire i nostri istinti primordiali, di essere resilienti e di trovare la nostra vera libertà. È una storia di crescita personale e di ritorno alle radici che continua a risuonare con i lettori di tutte le età.
Consiglio vivamente questo libro a chiunque sia interessato a storie di avventura e introspezione.
Di Patrizia Zara
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