IL SALTO MORTALE, di Kenzaburō Ōe
Nel Giappone contemporaneo, il capo di una setta religiosa prepara il suo ritorno sulla scena pubblica dopo dieci anni passati nell’ombra a causa del rinnegamento dei suoi insegnamenti, operato al fine di evitare una strage.
Sul suo nuovo percorso di fede si fa affiancare da alcuni personaggi estremamente peculiari: un giovane idealista, un ex studente dal passato torbido, un anziano pittore gravemente malato, una ballerina disposta a sacrificare le sue aspirazioni artistiche al nuovo mondo promesso al suo mentore.
Romanzo di eccezionale complessità, che prende vagamente spunto da un fatto di cronaca, Il salto mortale conduce il lettore in un mondo dominato da un misticismo straniante, in cui è difficile distinguere la follia da dottrine che facilmente sconfinano in fanatismi ciechi e assoluti.
Oe descrive e denuncia il caos che da decenni minaccia un Giappone che ha perso l’identità e la sicurezza della sua cultura secolare, incarnata dalla figura dell’Imperatore, in un vuoto ideologico e morale paragonabile all’abisso sull’orlo del quale si trovano i protagonisti della vicenda.
Il lettore si trova davanti personaggi dagli animi tormentati da dubbi o confortati da una fede disperata, lasciando che si svelino tramite i lunghi monologhi e i numerosi dialoghi presenti nel romanzo, quasi che ognuno di essi sia il latore di una teoria che non convince nemmeno loro fino a dare al lettore l’impressione di aver percorso con loro la strada fino al Paradiso, ma di aver trovato la porta chiusa.
Romanzo cupo e di grande forza drammatica, crudo eppure non privo di afflato lirico, tramite minuziose descrizioni di ambienti e soprattutto di paesaggi, Il Salto mortale è una lunga riflessione sul rapporto dell’uomo moderno con il divino e con la morte, sulla necessità di recuperare un senso critico dell’arte, vera e sicura aspirazione di libertà di ogni spirito sensibile.
Recensione di Valentina Leoni
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