IL SILENZIO CHE RIMANE, di Matteo Ferrario
Quale è il silenzio che rimane?
Il silenzio del non detto, del rimpianto di quello che si poteva fare e non si è fatto, del tempo che ci è sfuggito e non ce ne siamo accorti, dell’occasione che abbiamo mancato oppure sprecato.
Nel nuovo libro di Ferrario il silenzio è quello che rimane al protagonista Davide dopo la morte violenta e improvvisa della moglie Valentina in un bar del centro di Milano a seguito di un sequestro da parte di Rasib Anwar, adolescente straniero che tiene in ostaggio per sedici ore numerose persone, tra cui Davide e Valentina, per vendicare il licenziamento ingiusto del fratello da parte dei gestori della catena Hot Mugs.
Davide sopravvive ma il prezzo da pagare è altissimo.
L ‘autore, con uno stile fluido e scorrevole affronta tematiche difficili e importanti nella nostra società come l’ amore ma anche l’odio, il razzismo, il pregiudizio e l’uso smodato e maniacale dei social attraverso i quali tutto è spettacolarizzato. Il dramma della caffetteria infatti viene immediatamente trasmesso su YouTube e condiviso da migliaia di persone, qualcuno ne uscirà morto qualcuno invece diventerà addirittura famoso grazie alla spettacolarizzazione gratuita del dramma e della violenza. Questo è un giallo in cui non troviamo lo psicopatico o il killer professionista bensì un ragazzo problematico che ciascuno di noi può incontrare ogni giorno nella quotidianità, una vicenda quindi talmente reale da generare solo per questo ansia e paura.
L ‘autore, con uno stile fluido e scorrevole affronta tematiche difficili e importanti nella nostra società come l’ amore ma anche l’odio, il razzismo, il pregiudizio e l’uso smodato e maniacale dei social attraverso i quali tutto è spettacolarizzato. Il dramma della caffetteria infatti viene immediatamente trasmesso su YouTube e condiviso da migliaia di persone, qualcuno ne uscirà morto qualcuno invece diventerà addirittura famoso grazie alla spettacolarizzazione gratuita del dramma e della violenza. Questo è un giallo in cui non troviamo lo psicopatico o il killer professionista bensì un ragazzo problematico che ciascuno di noi può incontrare ogni giorno nella quotidianità, una vicenda quindi talmente reale da generare solo per questo ansia e paura.
Davide, che come sopravvissuto narra la storia in prima persona, inizia così un viaggio dentro se stesso, dentro al silenzio che gli rimane ponendosi domande anche scomode che spesso riusciamo a porci solo quando siamo stati costretti ad affrontare la perdita improvvisa di una persona cara, domande su cosa abbiamo fatto o cosa potevamo fare se ci fosse stato concesso ancora tempo.
Non manca una dura condanna della società moderna basata sulle apparenze e gli stereotipi, sui valori calpestati insieme ad una rabbia che nasce nel protagonista per un qualcosa che è accaduto e che non ha potuto impedire che accadesse.
Una denuncia nei confronti di una società che sacrifica valori intimi come l’amore, l’amicizia e la fiducia sacrificandoli per l’immagine oggi purtroppo così importante.
Una società malata che si accorge di quello che ha perso e delle occasioni mancate quando ormai è troppo tardi.
Recensione di Gabriella Patriarchi
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