IL SIMPATIZZANTE, di Viet Thanh Nguyen
Romanzo di valore assoluto.
Non semplicissimo da leggere, ma neppure fuori portata per alcuno; serve, a mio parere, immergersi nel protagonista per riuscire a capirne l’enorme valore.
Il tratteggio della personalità del protagonista, il Capitano, ottenuto tramite una “confessione” in prima persona che si trasforma in una autobiografia interiore, è semplicemente grandioso.
Personaggio dicotomico già a partire dalle sue origini “bastarde”, mezzo vietnamita e mezzo caucasico, riflette tale dicotomia in tutto ciò che è la realtà che lo circonda, il Vietnam del Sud e il Vietnam del Nord, il comunismo e il capitalismo. Il suo conflitto interiore è potente, ne è consapevole, tenterà sempre di conciliare e far convivere i suoi opposti interiori. Invano. La scissione sarà la risposta. Due io in un unico corpo.
È un ufficiale dell’esercito sud vietnamita che opera nell’intelligence, ma in realtà è una spia nord vietnamita inserita in maniera dormiente nell’apparato militare del Sud.
La sua innata e meravigliosa capacità di vedere ogni cosa da due punti di vista diametralmente opposti è anche la qualità che rischia di essergli fatale. La sua intima convinzione di ritenersi profondamente onesto e leale sia nel ruolo di facciata sud vietnamita, alleato del capitalismo dei liberisti USA, sia nel ruolo reale e sommerso di spia comunista nord vietnamita, si scontra con l’univocità insita nelle ideologie, che rigettano la parte contraria a tal punto da ritenere totalmente implausibile la possibilità di vedere ed analizzare due punti di vista diversi. La sua ostinazione nell’essere oltremodo sincero nella sua confessione potrebbe costargli la vita, vista l’inammissibilità di qualsiasi contaminazione della parte opposta.
Assai interessante anche la contestualizzazione storico geografica: la narrazione parte dalla Saigon del 1975, sgoccioli della guerra, proprio mentre il Nord sta per conquistare la capitale mangiandosi il Sud, per trasferirsi a Los Angeles e, successivamente, nuovamente in Indocina.
La guerra del Vietnam fa da sfondo, ed è descritta dal punto di vista del popolo vietnamita, raccontando soprattutto la successiva frustrazione dei rifugiati per una vita che si attendevano scintillante e colma di opportunità negli Stati Uniti, e che si rivelerà invece umiliante e deprimente, causa la mancanza di reali e genuine aspirazioni, frantumando l’agognato ideale del sogno americano e portando ad una malinconica nostalgia per la propria terra che il patinato ed artefatto mondo occidentale non riuscirà a sopire.
È sicuramente un romanzo introspettivo e non politico come potrebbe apparire.
Personalmente l’ho trovato splendido, sicuramente da approcciare con voglia e convinzione, altrimenti il rischio è di trovarlo pesante e di abbandonarne la lettura. E non lo merita assolutamente.
Recensione di Simone Cisi
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