IL TEMPO INVECCHIA IN FRETTA, di Antonio Tabucchi
“Amo tutto ciò che è stato,
tutto quello che non è più,
il dolore che ormai non mi duole,
l’antica e erronea fede,
l’ieri che ha lasciato dolore,
quello che ha lasciato allegria
solo perché è stato, è volato
e oggi è già un altro giorno. (Fernando Pessoa)”
Il giorno del suo ottantesimo compleanno mia madre, rivolgendosi alla sua immagine nello specchio, disse “come è possibile che fino a ieri ero poco più che una giovane donna cosi vogliosa di mangiarsi il mondo e ora sono cosi. Come ci sono arrivata a 80 anni?
Il tempo mi ha rubato gli anni e mi ha riempito di nostalgici ricordi sfalsati e confusi, di malinconia, di giovanile rabbia e vecchia rassegnazione”
Non la capii subito. Mi sembro strana con i suoi occhietti acquosi. Non ci feci caso. Tenero rimpianto di una gioventù andata, pensai.
Oggi non la penso così; penso a mia madre come una folata di aria calda, fredda, calda, fredda, calda fino a diluirsi fra la quiete delle nuvole. Come è stata la sua vita e com’è sarà la mia, la tua, la sua, la nostra, la vostra, la loro “volto anonimo come milioni di altri volti anonimi al mondo” Perché è così: la vita è aria. E il tempo è il suo bastardo alleato: grandezza fisica e percezione umana.
Ed è il tempo il protagonista delle nove storie del libro di Tabucchi, un tempo che si sdoppia, appunto, in grandezza e percezione.
La grandezza fisica insensibile, egoistica, matrigna che sciupa, logora, invecchia gli uomini, gli animali e le cose.
La percezione umana, distensio animi, accorata, disperata che crea immagini dipinte con pittura di nostalgica freschezza, atmosfere visionarie in bilico tra ciò che realmente avvenuto e ciò che poteva essere: tutto tremendamente vero, tutto tremendamente falso. Tutto tremendamente destinato ai ricordi del tempo, chiuso nello scrigno della memoria individuale o universale.
“Il tempo invecchia in fretta” è un libro di racconti sul tempo, tempo che scandisce attraverso esistenze individuali, piccoli granelli di sabbia, i grandi eventi che hanno fatto, nel bene e nel male, la storia.
Perché ognuno di noi, grande, piccolo, brutto o bello, buono o cattivo crea una storia nel tempo. Già, proprio in quel tempo che corrode corpi e cose, ma esalta ideali, sogni – ” perché i sogni non sono tanto ciò che succede ma l’emozione che provi nel vivere ciò che succede, e non saprei bene spiegarti l’emozione che provavo, perché le emozioni non si spiegano” – e conserva memorie che avanzano con movimenti liquidi, scalpitando con scansione fluida.
Non mi dilungo sullo stile di Tabucchi, dico solo che a me fa vibrare tutte le corde del cuore, dell’anima e del corpo. Un poeta che aveva le grandi capacità di saper osservare una realtà che supera l’immaginazione, di saper ascoltare il ticchettio di quegli orologi sciolti nella percezione della memoria: teoria della relatività di Einstein, o pezzo di formaggio francese che si scioglie al sole?
“…pensa alle bottiglie di plastica, quelle dell’acqua minerale, la bottiglia ha un senso finché è piena d’acqua, ma quando l’hai bevuta la puoi accartocciare su se stessa e poi la butti via, mi è successo così, mi si è accartocciato il tempo…”
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