IL VANGELO SECONDO GESÙ CRISTO José Saramago

IL VANGELO SECONDO GESÙ CRISTO, di José Saramago

 

 

 

Recensione 1

Ammirevole prova stilistica di un autore che non rifugge le tentazioni dell’originalità creativa.

E crea un racconto evangelico a cavallo tra tradizione e modernità, aggiungendo un tassello sagacemente anticonformista al ritratto convenzionale della figura di Gesù di Nazareth.

Del resto José è il corrispettivo portoghese del nome ebraico Yosef (Giuseppe) che deriva a sua volta dal verbo ebraico ‘yasaph’ che significa ‘aggiungere’, ‘aumentare’.

Saramago aumenta di una nuova unità il numero delle narrazioni della vita di Cristo, rimescolando elementi già noti, reinventandone di sana pianta altri, suggerendo interpretazioni psicologiche mai contemplate dalla tradizione.

Mai contemplate e addirittura invise, come ben testimoniano le vicende successive alla pubblicazione di questo romanzo.

Il gioco è quello di rileggere gli avvenimenti biblici con l’occhio disincantato e ironico dell’uomo contemporaneo. Lo stesso trattamento è riservato alla caratterizzazione dei personaggi, i quali risultano meno stilizzati rispetto alla tradizione evangelica e più tridimensionali, desacralizzati.

Il vulnus di tutta la questione è lo stile, come sempre. Al pari di un abile cuoco, Saramago partendo dal mantenimento degli elementi fondamentali ed imprescindibili dei testi evangelici crea di volta in volta piccole variazioni agli ingredienti di base, come aggiungendo spezie o sostituendo elementi secondari. Tali varianti (spesso davvero minime, ma sempre significative) riescono quasi sempre a mantenersi in equilibrio tra la rievocazione stilistica dei vangeli tradizionali e la loro reinvenzione, spesso anche in termini di canzonatura, ma non soltanto.

Difficile capire di cosa io stia parlando, senza aver dato una scorsa al testo.

Del resto, una delle più importanti caratteristiche della narrativa di alto livello è proprio quella di non essere riassumibile in un semplice ‘lui ha fatto questo e l’altro di rimando ha risposto quello’ (lui che bacia lei che bacia lui) ma di creare invece il proprio discorso più profondo ed impegnativo attraverso un gioco alchemico di accostamenti sottili.

Leggere per credere.

Recensione di Marcello Ferrara Corbari

 

Recensione 2

“Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto”.
Povero e tenero Gesù. Morto in croce per i tutti noi, umani, burattini nelle mani del nostro creatore.
Sia fatta la volontà di questo Dio, silente e suonante, assente e onnipresente. Che si affaccia dal suo trono per punire e tuonare, che si nasconde dietro le nuvole quando il gioco si fa troppo sporco, un Ponzo Pilato dei cieli. Tanto, volente o nolente, cade sempre in piedi, questo Dio, parando le mani quando la trama intessuta prende una piega diversa, ultimo giudice dalle sentenze inappellabili.

“e che il Signore ha mostrato adesso una volontà e subito dopo ne palesa un’altra, contraria, né tu né io siamo parte nella contraddizione”

Mi chiedo a che pro ci ha creati dal fango? A che pro ci ha donato il libero arbitrio in un corpo fatto di bisogni ed esigenze perlopiù peccaminosi? Bisogni ed esigenze che necessitano di cibo, acqua, sesso. Per fame si uccide, per freddo si distrugge, per caldo s’inquina. Per il piacere si paga e per poter pagare si truffa spesso. Anche in Chiesa senza soldi non si canta messa.

 

 

E per rispettare e mantenere questo capolavoro che è il nostro corpo si sacrificano esseri innocenti giacché necessitano cavie per testare il successo, singolo e comune. Per vivere tutti insieme abbiamo bisogno della piramide gerarchica, servi e padroni, pastori e pecore, altrimenti è un caos. Ricordiamocelo, tutto questo, quando crediamo di avere la coscienza a posto, battendoci -egoisticamente- il petto inginocchiati di fronte una statua di marmo o levando gli occhi al firmamento o, ancora, quando siamo sotto le calde coperte di una confortevole casa costruita con il sudore di braccia altrui. Siamo un po’ tutti assassini, truffatori, prostitute e magnacci, poiché dobbiamo sopravvivere. Vendiamo di sottobanco l’anima al diavolo. Facilmente. Non ce ne accorgiamo giacché ci hanno insegnato a essere bigotti, limitati da questo nostro padre celeste che si nasconde in ombre e luci promettendoci la reincarnazione in un Eden  caramellato “fate i buoni, siate obbedienti” così da creare sette e circoli privati dal difficile accesso a meno che non si sappiano a memoria i precetti biblici, un buon lasciapassare per l’eternità promessa; mentre, in altre parti del globo si sparge sangue e si priva della libertà in nome dello stesso Padre Celeste. Mi chiedo poi, ma non per ultimo, a che pro ci ha fornito di una mente pensante se dobbiamo, noi esseri umani, aspettare che sia fatta sempre la sua volontà, illusi padroni, sciocchi artefici del nostro destino, destino creato da un altro? Sappiamo che chi si muove, fra desideri e speranze, commette errori e danni. È inevitabile.

E poi ancora perché nasciamo peccatori, ma qual è il peccato che ci portiamo dietro da secoli?
Avere mangiato una mela proibita? Già. La donna peccatrice – e così da questa tutte le donne marchiate con lettera scarlatta nei secoli dei secoli – che ha costretto l’uomo (coglione) a mangiare la mela. Che favoletta!

 

 

Ma cosa hai combinato Dio per colmare la sua eterna insoddisfazione? Mi sa che non sei così perfetto come ti decantano se la situazione ti sfugge facilmente dalle tue divine mani, lasciando campo all’angelo che hai scacciato dal tuo olimpo: scontro fra titani mentre noi, creature inerte e confuse, agnelli sacrificali, lupi e pecore, vittime e boia, in mezzo a questa incomprensibile, enigmatica lotta di potere.
Caro Dio ci doni i piaceri e poi li proibisci, ci fornisci di sentimenti e poi ci punisci, ci spaventi con il fuoco dell’inferno, minacci di buttarci come marionette vecchie e inutilizzabili nelle tenebre regno del tuo antagonista. Ma che gioco è?

Non correte pur avendo le gambe, non toccate pur avendo le mani, non mangiate con piacere pur avendo le papille gustative, non odiate, non amate lascivamente, mortificatevi nel rispetto del dolore.

Se è che tutto puoi, perché Dio, dai mille e un nome, te ne stai li sopra a sghignazzare dei nostri movimenti impacciati, dei nostri farfugliamenti, delle nostre contestabili certezze assolute, gingillandoti delle nostre debolezze, pronto a bacchettarci per i nostri leciti dubbi?  Porca la miseria, ci ha creato tu in un disegno già scritto. E perché se hai già tratteggiato i contorni ci fa muovere come pedine impazzite, depistandoci? Potresti essere chiaro e limpido senza trincerarti dietro parabole enigmatiche e astruse parole crociate?

Hai messo in croce un uomo, chiamandolo contro la sua volontà figlio pur sapendo come andava a finire, hai confuso le menti, hai spargo ancora sangue e lacrime. Perché? Per divertirti, non c’è altro da pensare. Se hai il potere blocca con la tua mano questo scempio giacché non è cambiato nulla da allora, qualche chiesa in più con i suoi affreschi e altari in oro e qualche fanatico/a di troppo.

 

“Può ben poco, in fondo, la mano di Dio, se non riesce a interporsi fra la scure e il condannato”

Povero Gesù nelle mani di un Padre furbo. Poveri noi creati per soddisfare un capriccio.
Il romanzo di Saramago, mio “padre” letterario, “fratello” di pensiero, “sorella” della comprensione, “madre” di quel dubbio indispensabile per crescere, è qualcosa di incredibilmente immenso e mi ha stupido non certo per gli argomenti, ma per il fatto che tali considerazioni erano già dentro di me prima di tale lettura.

Un gran romanzo come lo possono essere la bibbia e i vangeli, romanzi di allora e di oggi da leggere senza certezze paralizzanti, letture per il solo fine di comprendersi e maturarsi: il dubbio legittimo mantiene vivi e giovani i neuroni e permette di intraprendere una dialettica costruttiva con i propri simili. Si va, comunque, avanti senza paraocchi, né maschere, né pregiudizi, né limitazioni.

 

 

Niente di più è permesso agli esseri umani. Di certezze non è fatta la vita. Diffido dalle verità conclamate, fardelli di malcelato amore e di mascherata bontà. Preferisco la Coscienza, (l’amato Gesù Cristo?) l’unica a cui, qui, dobbiamo rispondere. Poi quando giungerà, e giungerà ne state certi, la morte tanto puntuale quanto imprevista, il mistero, forse, sarà svelato a ognuno di noi: se è così che così sia.

Lo stile, dal linguaggio palesemente evocativo, è quello di Saramago come anche la dissacrante, mordace ironia. Ragion per cui scrittore da meritatissimo Premio Nobel.

“L’uomo è un semplice balocco nelle mani di Dio, eternamente soggetto a fare solo quello che a Dio piaccia, sia quando crede di obbedirgli in tutto, sia quando in tutto suppone di contrariarlo.”

 

Recensione di Patrizia Zara

 

Recensione 3

Che questo è un capolavoro scritto da un premio Nobel lo sapete già, come anche che il suo stile è unico e irripetibile.
Sapete pure che è stato fonte di grandi dibattiti, censurato in Portogallo, messo all’indice dall’Opus dei; è un testo laico, ateo, brutale per certi versi perché parla della condizione umana e del mistero della morte, e non offre consolazioni né speranze fideistiche.

Tutto questo lo sapete già.

 

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Quello che mi sento di dire allora, è che leggere questo libro per me è stato come ricevere un abbraccio, una carezza per la mia condizione umana e ancor di più per la mia condizione di donna.

C’è una pietà che persiste lungo tutto questa storia, una profonda compassione per tutte le creature viventi, specialmente quelle umane che hanno la sciagura della consapevolezza e che, dai tempi dei tempi, pongono domande esistenziali a un cielo silenzioso ricevendo in cambio, inevitabilmente, il medesimo silenzio. Questo abbraccio rassegnato di Saramago si fa più forte quando cinge le donne, creature verso le quali esprime un profondo amore e un ancor più grande rispetto; assieme a Gesù, esse sono le grandi protagoniste di questo romanzo.

La storia di Maria è struggente; la descrizione della sua condizione di Israeliana di 2000 anni fa, il rapporto inesistente col marito, la fatica e il lavoro senza sosta, il ventre sempre gravido e l’enorme stanchezza, i parti, 30 anni di età che pesano come fossero 60. Tutto viene descritto con una sensibilità e una conoscenza della psiche femminile che mi lasciano stupefatta.

 

Bellissimi gli sguardi di intesa che si scambiano Maria, la madre, e Maria Maddalena, la compagna ; come anche quelli delle donne che si mettono al seguito di Gesù una volta divenuto il Messia, dietro agli apostoli che sono uomini sì, ma finalmente non più subordinate a loro.

Per questa attenzione al femminile e per il coraggio di raccontare la verità, semplicemente, mi è sorto un enorme e spontaneo GRAZIE.

Concludo dicendo che sì, questa è la storia più famosa e conosciuta del mondo, eppure ci riserva un finale praticamente sovversivo; è facile capire come esso possa aver suscitato le ire di alcuni Vertici.

Qui non può non uscirmi un mezzo sorriso, e come a me credo a tanti; è un finale che mette l’amore per la dimensione umana e l’ amicizia, al di sopra della fede.

Forse farà rabbrividire i credenti più ortodossi, ma non può non suscitare una certa simpatia tra noi comuni mortali. Non può non coinvolgerti profondamente.

 

Il libro poi si chiude con un’immagine di grande bellezza; un’ immagine che mi porterò dietro per un bel po’ e che riassume tutte le contraddizioni portate alla luce da questa storia millenaria. In qualche modo, sento che mi ha marchiata e che non mi lascerà più.

Recensione di Nicoletta Tamanini

IL VANGELO SECONDO GESÙ CRISTO José Saramago

 

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